martedì 21 aprile 2015

LA BELLA GIGOGIN - Racconto di Giancarlo Pertici

↖ RACCONTI DALLO SCIOA

di Giancarlo Pertici

"La Bella Gigogin" – Sanremo '54

Il dottor Bellini gliel'ha detto a mamma – Il bimbo è particolarmente nervoso! Non lo portare al mare quest'anno, mandalo in montagna – Ma io, per la verità, non mi sento nervoso, non faccio le bizze, ubbidisco... quasi sempre. Cerco anche di stare attento a scuola... finché posso. Ma tutte quelle ore non ce la faccio a stare fermo lì, dietro a quel banco, senza potermi muovere! Non è che mi addormenti! È come se sognassi ad occhi aperti. Mi fisso oltre la finestra che dà in Gargozzi, tanto che mi sembra di essere laggiù, tra i campi, a correre sull'erba, e mi passa tutta la stanchezza. È in quel momento che il maestro si arrabbia, perché, o mi chiama o mi fa una domanda, e io non rispondo.

Quante volte, durante l'anno, il maestro glielo ha detto a mamma – Non sta mai attento! Ha sempre il capo da qualche altra parte! – Ma io non lo faccio apposta a non rispondere! È solo che non lo sento subito. - Ma non dormivo mamma. Forse ero solo distratto. – E quella sera, che per me viene decisa la montagna al posto del mare, nonno Nuti mi racconta della sua montagna. Di quando, da ragazzo, assieme al suo babbo, andava a Scarperia passando per il Passo del Giogo, inerpicandosi anche per sentieri e viottoli per scorciare la strada. Almeno una volta all'anno durante la Fiera Annuale, giusto la scusa per comprare trincetti e forbici nuove, ma anche lesine. Un ricordo il suo carico di nostalgia, quando per le castagne raccolte in bosco, quando a fare 'avvio' per il fuoco, quando a fare funghi assieme al babbo. Ricordi uniti ai profumi d'inizio autunno, al gorgoglio dei ruscelli in primavera, che mi fanno compagnia fin nel sonno, fino a invadere anche i sogni. E così fino all'ultimo giorno prima della partenza per la montagna, la scuola oramai chiusa per le vacanze estive, sempre o quasi in compagnia di Nonno Nuti, o nell'orto, o in giro per San Miniato o a passeggio per la campagna fin verso l'ora di cena.

Ed è così che parto per la colonia, parto per la montagna in quell'estate del '54. Non ricordo il particolare della partenza da San Miniato. Ricordo solo la sala d'attesa e il loggiato antistante la Piazza della Borsa, in quel palazzo sede della Provincia, a Pisa. La riconosco bene, anni dopo, in età adulta, dai pavimenti e dai rivestimenti bianchissimi in travertino. Poi l'arrivo della corriera per Mammiano, il momento dei saluti, mamma che resta a terra, mentre io mi ritrovo seduto accanto all'autista e a una signorina sorridente che mette a posto la mia valigia.

Neppure una lacrima! Attratto, anzi! Quasi ipnotizzato da quanto scorre di là dal finestrino... i prati, gli alberi, i fiori, case, uccelli... e anche cullato da salite e da curve, accompagnato da canti sconosciuti, mentre il tempo vola. Fino alla fine di quel primo giorno, dopo aver ubbidito a quella signorina, che non mi ha lasciato mai un momento, lavandomi denti e piedi, riponendo la valigia sotto il letto e la biancheria minuta dentro il comodino, e mettendomi il pigiama. Nessuno quella sera a rimboccarmi le coperte, mamma e nonno lontani. Nessuno a rammentarmi le 'devozioni', solo in quel lettino da una piazza, giusto accanto a quello della 'signorina', dalla quale mi separa appena una tenda.

Pensieri interrotti da una carezza e da un bacio sulla fronte. È la signorina che mi rincalza le coperte – L'hai fatta la pipì? Qui in Montagna fa freddo! – Ad occhi chiusi, cerco di ricordarmi la preghiera a San Giuseppe. Ma non mi viene!!... mi basterebbe l'inizio... ci vorrebbe nonno! Si spengono le luci, mentre si ode una musica. Viene dall'alto. È una canzone per bambini, diffusa a bassa voce in ogni camera – gli altoparlanti, quasi invisibili – che mi accompagna nel sonno e fino alla mattina dopo.

Per me è la prima volta lontano da casa, senza mamma e senza nonno, in un posto sconosciuto. La prima volta in montagna. L'anno il '54 al termine della prima elementare. Il mese forse quello di luglio in una colonia bellissima, a mezza collina, su due piani. Con due piazzali disegnati seguendo la pendenza della montagna: uno ogni livello. Al piano basso le camere nostre dei maschi, a quello superiore le camere delle femmine. Al refettorio tutti assieme. Poi in giro a piedi, a fare camminate anche lunghe, come quando con nonno Nuti si va fino in fondo a Via del Sasso o a Calenzano. E proprio dietro alla Colonia, appena fuori il muro di cinta, un enorme prato verde intervallato da cespugli di castagni, lungo un ripido pendio rivolto verso una profonda valle dove, in lontananza, si ode il borbottio di un torrente che scorre. È La Lima. Bellissimo quel prato, per rincorrersi, per lasciarsi scivolare rotolandosi sull'erba lungo quella discesa.

Che divertimento! E quanti giochi nuovi! Belli, inimmaginabili con compagni nuovi, tutti più grandi di me, nessuno di San Miniato. A inizio pomeriggio, una leggera brezza mi riporta, con la fantasia, agli aquiloni in volo: San Miniato - Pian delle Fornaci. Con tutto questo spazio, quanta corda ci vorrebbe, per far volare lontano quegli aquiloni, presenti solo nella fantasia! Verso sera, folate gelide salgono fin sul piazzale della Colonia a dettare i tempi per il rientro, prima che sia buio. Quel prato ho continuato a sognarlo per anni e l'ho anche cercato in età adulta, senza successo, contrassegnato da un enorme traliccio in ferro, alto più di tutte le case e della collina accanto, a sostenere, lassù in lato, i fili dell'alta tensione. E dai piedi di quel traliccio ben visibile il "Ponte Sospeso" sulla Lima, nella parte ancorata sull'altra sponda della vallata. Quando tira vento lo si vede anche oscillare. Sopra il paese di Popiglio.

A distanza di così tanti anni ho ancora impresso con chiarezza nella memoria il percorso tra il paese e la colonia collocata a metà collina, in basso, verso la valle della Lima. Un vicolo sterrato, stretto tra le case, percorso interamente pedonale, che si apre a ridosso di una curva, scendendo dal paese di Mammiano verso la Colonia, di cui ho sempre ignorato il nome, se ce l'aveva. A finire, oltre la Colonia, una scalinata, intagliata nel ciglione, a scendere a ridosso di una doppia curva. E da quella scalinata, perché a ridosso della colonia e più breve, in sosta a bordo strada, i camion dei fornitori, a scaricare a spalla vivande varie, mattina e sera. Per me spettacolo del tutto nuovo che diventa meraviglia, sorpresa, appena due giorni dopo, probabilmente di domenica. Anzi!

Certamente di domenica, appena dopo messa in quella Chiesa ad inizio del vicolo e ad angolo con la strada maestra. Lo spettacolo quello di tanti bambini affacciati alla ringhiera, a guardare in basso verso quella scalinata presa d'assalto dalla prima Corriera fermatasi ai suoi piedi. E' il giorno del Passo, come ogni domenica in quella colonia. E per quelle scale, con borse e pacchetti, in cerca di occhi conosciuti, giovani coppie in visita. Il Pullman, il primo, è in arrivo da Pistoia.

– Vieni a vedere Giancarlino chi c'è! – Riesco a malapena ad infilarmi con la testa dentro un colonnino mozzo della ringhiera. È la signorina che chiama, ha riconosciuto mamma. Sorpresa inattesa, imprevista. È zio Magnino che ha prestato a babbo la moto Guzzi nuova fiammante. Bellissima mamma, pantaloni e giacchetta di pelle, mentre vola su per quegli scalini, tutti d'un fiato, verso di me. Dietro babbo. Borsa della spesa in spalla, appena messo il cavalletto alla moto. Ed io per mano alla Signorina. – Attento, fermati, potresti cadere – Ma poi, liberi!!! di vivere tutto il giorno insieme, ed io a fare da 'guida'. Quasi non ci credo! Come sta nonno Nuti? Corinna? La mia sorella? – Maurizia è rimasta da nonna Livia – è mamma che risponde, mentre mi stringe a se, forte forte.

E per pranzo, una grande coperta sul prato, proprio quello dietro la Colonia, per conigliolo e carciofi fritti. Dolce, quello di nonna Livia, le pesche, quelle dell'orto di Nonno Nuti. E il pomeriggio fino in paese, a Mammiano, per viottoli e scorciatoie, a percorrere le passeggiate pomeridiane, fino anche alla stazioncina del trenino e a quel magico tornante, dove il trenino si annuncia alla stessa ora di ogni pomeriggio, passando sul ciglione sovrastante. Una sorta di giardino segreto, quasi un labirinto magico. Due panchine di legno, una staccionata a fare da parapetto al vuoto sottostante, un'altalena e tanti tubi di cemento, allineati in più file dove rincorrersi, dove rimpiattarsi, dove sgattaiolare e da dove saltare in quel prato spesso e soffice. Pomeriggio a perdifiato fino al rientro in colonia, che è quasi l'ora di cena, mentre babbo e mamma in sella alla Guzzi ripartono per casa.

Anno delle meraviglie quello! Sorprese sempre in agguato a segnare quell'anno come unico, non solo nei ricordi, proprio in quel "magico tornante" che si fa inatteso castello incantato in un giorno inatteso, forse un martedì o forse un mercoledì, non certo di festa. È durante la consueta passeggiata del pomeriggio, verso Mammiano, che passiamo proprio da quel "tornante", nel momento in cui il trenino annuncia il suo passaggio. Impossibile non fermarsi ad ammirarlo nel suo sferragliare, tra sbuffi di fumo e vapore; e tutta quella gente affacciata ai finestrini!! Tra queste.. sorpresa! Zia Adriana assieme al suo amico Duilio (da grande imparerò che erano fidanzati). Visita inattesa e ripetuta più volte, a distanza di pochi giorni, l'una dall'altra, e che si consuma proprio in quel magico 'tornante' tra chiacchiere, in attesa del passaggio del gelataio col suo triciclo, a respirare aria e storie di casa, ad aprire pacchetti, quelli di mamma e di nonno Nuti. Solo da grande capirò che quelle erano anche occasioni per Zia Adriana e Duilio, di stare insieme, senza suscitare scalpore o sguardi maligni, loro coppia 'irregolare': zia Adriana già sposata e separata. In quel momento rappresentavano per me il massimo dell'attenzione. Sensazione di essere considerato, di essere importante, di essere unico, che mi ha condotto fin da grande.

Sorprese destinate a raggiungere il culmine con lo spettacolino di fine turno, allestito su un palco improvvisato. A turno, tutti attori o cantanti. Per me è la prima volta, se si esclude quella volta che, per Natale, mi trovai in una culla di legno piena di paglia a fare la parte di Gesù Bambino. Ricordo sfocato, alimentato più che altro dal racconto ripetutomi più volte da mamma. Questa volta, ed è la prima, sarò cantante. È al ritorno dalla passeggiata pomeridiana che vengo circondato e circuito da più signorine. Canterò in coppia con una bambina, di cui ricordo solo quel musino dispettoso, grazie all'unica foto che conservo di quell'occasione. È 'La bella Gigogin' successo del Festival di Sanremo che devo imparare in fretta e bene, inseguito per tre giorni, in ogni dove, durante un qualsiasi intermezzo, rinunciando anche alla passeggiata del pomeriggio, con un'ultima ripassata prima di andare a letto. Comunque sia andata è stato un successo, ripetuto a richiesta anche di ritorno a casa, e non solo in casa, ma dalla Monache di San Paolo, a scuola, ogni dove. Il mio primo successo!!

Nel corso degli anni, di passaggio nella valle della Lima, mi sono soffermato più volte a Mammiano alla ricerca di quella colonia, la cui immagine non mi ha mai abbandonato. Mi sono fatto la convinzione che quell'edificio non ci sia più e che il posto deve aver subito modifiche importanti.
Poi, quasi il miracolo, pochi anni fa. Forse era il 2008. Stavo percorrendo la strada che dalla valle della Lima porta a Mammiano, quando ad una curva ho notato un ciglione ben rasato dall'erba, con, intagliata, una scalinata. Proprio quella scalinata, anche se rinforzata da alzate e pedate di pietra, e a pochi metri più in alto, semi nascosta dalla vegetazione la Colonia, proprio quella Colonia. Non ha subito modifiche se non quelle inferte dal tempo e dall'incuria. Non ho osato scavalcare la recinzione, fare il giro del piazzale, affacciarmi a quelle finestrelle dove, a quei tempi, stando a cavalluccio i maschietti più grandi spiavano le femmine a fare la doccia, oltrepassare la recinzione verso quel prato per scoprire... ho preferito mantenere fedele quell'immagine che conservo dentro, Graziella e Tiziana in attesa paziente, in religioso silenzio, evidente e palpabile la mia commozione, anche ora a distanza di così tanti anni.

Giancarlo Pertici durante la recita di fine turno a Mammiano
Foto Collezione Giancarlo Pertici

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