domenica 28 settembre 2014

I SANTUARI DEL GIOCO - 5 PARTE - Racconto di Giancarlo Pertici


di Giancarlo Pertici

I “Santuari” del gioco……
e noi bambini, anni '50 e paraggi, testimoni e ….officianti…

PARTE QUINTA DI CINQUE


Tra i tanti luoghi ogni bambino ne aveva uno in particolare che più di altri lo faceva sognare, lo faceva volare, nel quale si sentiva libero fino ad estraniarsi dal contesto e nel quale rifugiarsi per giochi a volte unici, ….. luogo o ambiente che assumeva valore di sacro fino a diventare il suo “Santuario”.

 Sogni ad occhi aperti –
Come l'onda lunga di una mattina di bonaccia con appena segnata la cresta a rompere la monotonia di quell'immensa distesa... verde intenso il colore a tradire la sua natura, ed il vento a cullare quella marea con gentilezza accompagnandola da una sponda a l'altra, da un ciglione a l'altro là sotto i Cipressi di Scacciapuce… mare, lago, specchio d'acqua riflessi negli occhi avidi di sogni, di cullarsi nel vento, per correre su quella risacca… in gara col vento stesso a toccare l'altra sponda, da un ciglione a l'altro dove quei Cipressi continuano a sorvegliare guardinghi il sogno, a difendere la posizione contro gli intrusi, quei “grandi” che con un qualsiasi pretesto sembrano voler sempre vanificare i tuoi sogni, spazzare via le tue fantasie, intromettersi tra te e quel mare, a turbare quella bonaccia che ti appaga. …“Pertici!!”… “Giancarlo!!”… “Giancarlinoooo!” …è il maestro Catarcioni che invade il mio sogno. L'ho sentito solo al terzo richiamo. Prigioniero in …“classe” (così la chiamano la 1° elementare), dalla mattina presto fino a dopo mezzogiorno. Sì! Prigioniero … privato della libertà, impedito ad inseguire quel sogno …continuazione ideale del mare di fine agosto (non sapevo che fosse agosto)… Quel mare forzatamente lasciato, ma mantenuto come “Santuario”, quasi un'arca dove rifugiarsi… nella mente, negli occhi a rivivere a due passi da Casa: là a Scacciapuce disposta ogni giorno a tramutarsi secondo il mio desiderio in mare, in lago, con l'onda lunga, a volte in burrasca con i suoi cavalloni dove immergersi per farsi trascinare da una sponda a l'altra… A volte arrivo alla sera, quando Nonno Nuti viene a chiamarmi ...sta per arrivare Babbo ed io... dentro il mio mare… Ma in quella prigione non è più possibile sognare…
E' sempre distratto, sembra vivere in un suo mondo, non sta mai attento… gli occhi fissi fuori dalla finestra a guardare la vallata sottostante… Gargozzi e i campi d'erba che ondeggiano al vento” e mia madre ascolta attenta e impotente la puntuale disamina del maestro Carlo Catarcioni. Fa spallucce … mi prende per mano e mi accompagna verso la… libertà!! Come gli voglio bene alla mia mamma!!! Appena a casa, mi tolgo i grembiule e …faccio per scappare via. Mi ferma subito la mamma e mi mette a tavola … “Prima si mangia! .. dopo puoi andare a giocare”. Sì.. là fuori! .. forte il desiderio … che mi aspetta.

– Nel Lettone –
Non devo avere avuto più di 5 anni …. la domenica mattina quando aspetto che si liberi il lettone, io che dormo nella camerina buia accanto in un letto bastardo e mia sorella Maurizia nella sua culla lì di fianco. E' sempre piuttosto presto quando riesco a sgattaiolare dentro il lettone dopo aver aiutato Maurizia ad arrampicarsi fin lassù, sotto quel coltrone di lana semirigido che si modella a nostro piacimento. E noi dentro queste gallerie alla scoperta di mondi sconosciuti, a nasconderci al modo e agli altri ….e farsi improvvisamente silenziosi nel sentire i passi di mamma avvicinarsi, per restare invisibili mentre cerchiamo di trattenere il fiato e il riso. “Dove saranno andati a finire i miei bambini??”. Non riusciamo a resistere oltre e così mamma ci veste per mandarci a Messa.

 Santa Sanctorum di Berto –
Se hai la ventura di seguire Berto in casa sua ti accorgi subito del suo diverso atteggiamento lontano dalle sue sicurezze e dalla sua spavalderia quasi a difesa del suo Santuario, custodito gelosamente lontano dalla curiosità, mai propagandato. Io che lo seguo spesso in questo suo mondo in silenzio, in quasi religiosa compunzione noto i suoi gesti “diversi” eseguiti in armonia con l'ambiente. E' uno stanzino buio piccolo piccolo di transito, alcune mensole di lato che noti a malapena al passaggio a luce spenta. Poi a luce accesa noti assisi su quelle mensole diversi Vasi di vetro colmi di palline colorate, tutti in fila, sono tanti …ben più di quelli del Giorgi e di Pietro. E Berto si vuota le tasche e va a colmare l'ultimo Vaso, lo fa con estrema attenzione, ché le palline non si sciupino. Lo ripone sulla mensola quasi si tratti di un tabernacolo.
Se poi vai oltre quella porta… ti pare di sognare, anche se sei nell'antibagno… sempre al buio. Stipato di gabbie di più dimensioni appese al muro in più file tutte piene di passerotti che a luce accesa cominciano a cantare, sembrano quasi chiamare. Sono tutto passerotti che Berto ha cavato a mano sul tetto di casa passando dalla finestra di camera nostra, prima sul comodino, quindi sul canterale... a su quel davanzale di quasi un metro, tanto è il terrapieno, per issarsi sul tetto che scorre parallelo. E' la sera a buio che accudisce a questi uccellini, sue creature allevate e imboccate a mano sera per sera con pazienza quasi religiosa. Un po' invidioso, un po' ammirato ne seguo la gestualità... sembra quasi parlare con i suoi uccellini. A volte ho l'impressione che li conosca ad uno ad uno anche per nome. Non so se definirlo stupore o ammirazione quando apre una gabbia e lascia libero quel passerotto di uscire… è tanto che chiama! È un po' che lo sento cantare, ma l'impressione è proprio di un richiamo, come una parola ripetuta fino alla noia. E l'uccellino esce ma non scappa, non cerca una via di fuga, non cerca la luce, volteggia un po' e poi si va a fermare su una spalla di Berto, poi sulla testa, quindi sul palmo della mano pieno di miglio. Io immobile, col timore di rompere quell'incantesimo che si ripete ogni volta che mi lascia entrare nel suo Santa Sanctorum… senza parole, costernato, addolorato per lui in lacrime quella volta, l'ultima, che il suo uccellino in pieno giorno dopo aver mangiato dal palmo della mano, per una finestra dimenticata aperta se ne vola via lontano dal suo Berto…

 Un bel giorno andando a spasso incontrai Giovan Trabiccola aveva un bel … –
Giancarlone era un bambino che aveva un solo gran difetto, quello di essere un bambino, e spesso doveva scontare, ma non era il solo, colpe non sue. Eravamo sì liberi, ma di questa libertà venivamo spesso privati… con punizioni delle più varie. A Giancarlone toccava sempre la stessa punizione: chiuso in camera sua tutto il pomeriggio fino a l'ora di cena, ora in cui tornava sua mamma dal lavoro verso le 7. E qui entra in ballo la grande fantasia di cui ogni bambino è dotato ed anche la voglia di non arrendersi, la voglia di giocare comunque in qualsiasi condizione. Camera buia la sua, che sarà negli anni anche la mia! Una sola porta, bianco il colore, vecchia e di legno pieno. Con le stecche di ombrelli rotti siamo soliti costruire archi e frecce che non abbiamo mai occasione vera di usare. Ma Giancarlone ha un suo poligono di tiro, la sua camera quando è in punizione e un grande cartone affisso alla porta con disegnato un tirassegno a più colori. Bravo a disegnare e colorare. Anche passando dalla strada capisci che è in punizione dal suono delle frecce che si conficcano nell'uscio e soprattutto da quella filastrocca intonata al momento della chiusura della porta e che cessa solo al ritorno di Irma dal lavoro. “Un bel giorno andando a spasso incontrai Giovan Trabiccola aveva un bel cappello e me lo regalò… e così mi incappellò Giovan Trabiccola e poi se ne andò”. Quando terminava il suo canto aveva abbigliato Giovan Trabiccola di ogni immaginabile accessorio di vestiario e non, anche in tasca, in valigia, a tracolla, in ogni dove riusciva ad immaginare… per voli anche poetici. Ne usciva mai arrabbiato, forse stanco… anche in quelle condizioni riusciva ad immaginare un suo mondo, unico. Siamo tutti cresciuti in questo clima, nei limiti di quel tempo che ci ha consegnato adulti poi in un periodo di grande fermento dopo un rodaggio passato in libertà o quasi, o quasi sempre.

 Rampa di lancio –
Sotto il ponte, appena oltrepassato l'arco… quello grande dove si gioca a cappe, a scendere sulla sinistra lato Migliorati si apre una porticina, allora era un a porticina mentre oggi ha assunto l'aspetto di vano d'accesso ad un magazzino. E un gradino appena, per accedere a quella porta, sul quale da solo mi seggo assorto, quando mi prende la voglia di giocare da solo. E' lo stesso luogo a cui bramo quando ad occhi aperti, prigioniero in classe… prima elementare, sogno l'evasione. E non mi porto dietro giochi particolari o strani… forse anche nulla. Quasi epidermico il ricordo di quel luogo che sembra farsi magico… pronto a realizzarsi come per atto di fede, pronto a trasportarmi ovunque ma dove non ricordo, ma lontano non solo con la fantasia ma con tutti i sensi, così impegnati in quel volo che mi possiede, mi incanta, mi guida. Al solicchio dei brevi pomeriggi di inverno, su quello scalino... moderna rampa di lancio per il mondo della fantasia e dell'impossibile... mi risveglia a l'ora di merenda mamma o nonno Nuti... prima un richiamo, quasi un'eco lontana… per un ritorno nel tempo.

FINE QUINTA PARTE

La Valle di Gargozzi
Foto di Francesco Fiumalbi

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