mercoledì 18 giugno 2014

S. MINIATO-AULLA E RITORNO QUELL'ESTATE DEL 1956 - Racconto di Giancarlo Pertici

di Giancarlo Pertici

San Miniato - Aulla e ritorno … quell’estate del 56.

Quell’estate era proprio iniziata nel migliore dei modi … fine della scuola … liberi dai compiti … liberi di spaziare in ogni dove.... libera la casa. La “Signora”, come chiamavamo con rispetto la Corinna … appena partita per il mare a Torre del Lago e con lei la nipote.
. Eravamo … sto usando il plurale perché in quell’estate non ero solo. Facevo coppia fissa con Berto, come d’inverno. Coppia strana la nostra, …piena di contraddizioni… ma funzionava nonostante i continui litigi …le mie bizze …. i miei scatti di rabbia quando qualcosa non mi andava. Ma funzionava. Nessuno sforzo per incontrarci, io 9 anni abitavo al mezzanino e Berto 7 anni al primo piano … stesse scale… palazzo Vannini. Quindi amici, anche se legati da un certo legame di parentela, “Cugini di secondo grado” così ci dicevano … per noi era chiaro che a essere cugini erano i nostri genitori, la mia mamma e il suo babbo.

. Eravamo sempre alla ricerca di qualcosa, per noi era una specie di caccia al tesoro … in quella cantina …. “off limits” durante il resto dell’anno. Ma d’estate… d’estate…. era innegabile la tentazione di rovistare tra vecchi mobili, scaffali, bauli, mensole e mucchi disordinati di damigiane, fiaschi, bottiglie piene e vuote.. tra la legna pronta per l’inverno.. e giù lungo quelle scale intagliate nel tufo a scendere nel buio più fitto … solo tufo a fare da pavimento, volta e pareti. L’impressione, torcia alla mano, era di entrare in una caverna…. antro dove qualche pirata poteva aver nascosto un tesoro. E proprio quello cercavamo. Ecco vecchi giocattoli di latta arrugginiti!! un Cavallo a Dondolo oramai decapitato!!..una vecchia trottola!!… alcuni numeri della Domenica del Corriere…. laggiù 3/4 metri sotto terra mentre dal lieve tremolio del terreno avvertivamo.. sopra.. il passaggio di qualche carro e di qualche ambulanza diretta all’ospedale. E dietro al Cavallo a Dondolo una bicicletta.. di quelle vecchie.. tutta ruggine… il pedale bloccato.. ragnatele e polvere.. colore grigio indefinito.

Tentazione irresistibile e sensazione del proibito in lotta ci bloccano….difficile smuovere la bicicletta da quell’incavo nel tufo. E’ solo con l’aiuto di Nonno Nuti che rimuoviamo i nostri dubbi e le nostre paure e riusciamo a riportare “alla luce” quella bicicletta paralizzata dal tempo. Non grigio il suo colore… nero … la catena morta …le maglie incollate dalla ruggine. E nonno Nuti col “petrolio” riesce a resuscitare alla sua funzione la catena. Una spolveratina .. un po’ di petrolio .. grasso alla catena …ora funziona!!. “E’ di ferro pieno” sentenzia nonno Nuti “è per questo che è così pesa… attenti a non farvela cadere addosso”. Ci rassicura .. niente paura di essere scoperti “la rimettiamo al suo posto prima che le altre tornino dal mare”. Inizia così con un po’ di affanno quell’estate del 56 … avventura imprevista e per questo anche più bella. Il collaudo nella discesa che dalla piazza porta in Pian delle Fornaci e si trasforma in gioco … un tormentone che si ripete all’infinito fino alla nausea, ma che non ci annoia anzi ci galvanizza perché ad ogni discesa impariamo qualcosa in più….. fino in fondo, dove riprende la salita.. fino alla casa di Marianna. Eppoi quel venticello che ti scarruffa i capelli mentre vai sempre più veloce è come droga che lava fatica, sudore. Quindi il ritorno… in salita… a spinta… in due col fiatone …. la scorciatoia che passa di lato alla casa di Pellegrina, scansando il ritorno davanti al Sanatorio… e come premio… a turno.. “a cianchino.. “ si riprende la discesa. Nessun bisogno di pedalare.. mano al freno.. e giù nella polvere… mentre l’altro segue di corsa a perdifiato fino in valle per spingere e riportare in cima quelle bicicletta “di ferro pieno”. Distrutti ci ritroviamo ogni sera addormentati e a letto appena dopo cena, per essere pronti la mattina successiva ad iniziare un nuovo giro…

E’ il tormentone del 56 che ci appaga della fatica e stranamente ha allontanato da noi le tensioni, i litigi, le gelosie… qui non c’è nessun perdente (sono sempre io a perdere) … “a cianchino” in bicicletta .. non sentiamo differenze.. non c’è nulla da perdere… ad ognuno il suo turno.. senza eccezione… senza intromissioni di sorta… per giorni e giorni… fin quasi alla nausea.. fino a quella sera che la bicicletta viene riportata in cantina e ci viene annunciato la fine dei giochi. La mia famiglia si trasferisce dove il mio babbo sta lavorando … per la costruzione di un Silos da granaglie. La partenza è fissata di li a due giorni.. Vediamo svanire il nostro sogno, il nostro gioco.. quella sensazione di libertà e di freschezza …e quella brezza leggera che ci accarezza la fronte sudata, la canottiera al vento a spazzare caldo e sudore.. Ci ribelliamo all’idea della separazione all’unisono ……. con il pianto. Mossi a compassione il programma viene rivisto, confermata la data di partenza… anche Berto verrà con noi!!! A quell’annuncio … la festa … Assaporiamo il profumo dell’avventura.. il viaggio in treno…il paese da scoprire. Alla sera, quando vado a letto… l’aria triste di nonno Nuti mentre recitiamo “San Giuseppe”… è quella parte di me che con tante piccole cose e abitudini non mi posso portare dietro. “Ricordati delle devozioni sia la sera che la mattina, non te ne dimenticare” mi ammonisce nonno, “e ogni tanto torna a trovarmi” mi saluta così mentre mi incammino al “Riposo” alla fermata della Corriera verso la stazione dei treni.

Il Viaggio in treno, con i bagagli tra i piedi passando per Pisa, poi per Lucca lungo il corridoio libero inizia come un gioco ….a rincorrere i paesaggi che cambiano. Poi con la stanchezza ci addormentiamo … finché mia mamma non ci sveglia … cambio treno… ultima tratta fino ad Aulla. Arrivo a metà pomeriggio. Alla stazione mio padre ci aspetta già da un’ora, tanto il ritardo, con lui anche un amico che ci aiuterà a portare i bagagli. La stazione è proprio ad Aulla, non come a San Miniato dove ci vuole la corriera per e da la stazione. Anche io e Berto portiamo ciascuno un bagaglio fino alla casa…. proprio in pieno centro in un palazzo a tre piani, all’ultimo, …il nostro appartamento … tanti scalini …. Meravigliati ci guardiamo, noi che il bagno lo facciamo nella tinozza ora che è estate, … un bagno con le mattonelle!!! …la vasca .. acqua calda e fredda …due terrazzi… soprattutto nessuna camera buia. La sera stremati andiamo a letto appena dopo cena, Quella casa …quell’appartamento ammobiliato…permette a mio padre di salutare i compagni di lavoro e di lasciare la Pensione “Da Pasquino”. Ora ha casa e la sua famiglia. Le emozioni e la meraviglia si spengono il giorno dopo….. il pianto sconsolato di Berto, candele al naso … disperata nostalgia invocata tra singhiozzi e singulti strozzati, in una lagna senza fine …”mammaaaaa… mammaaaa… mammaaa… “. E’ così che Giovanni il Ferlin prese il primo treno per rientrare giusto con l’ultimo e riportare a casa Berto… dalla sua mamma.

Solo….. dopo tanti progetti… ma incuriosito inizio ad esplorare tutto il terreno intorno.. C’è un grandissimo fiume.. il Magra pieno di ragazzi a farci il bagno in quelle pozze disseminate in qua e là. Sulla collina un cupo Castello tutto ricoperto di edera che evoca quelle scene da cappa e spada, tante volte vissute al cinema. Sul retro un grande prato incolto, alcuni ruderi prezzo del passaggio della guerra e in lontananza la scuola ora chiusa e a pochi metri il Cinema, proprio a portata di mano. Dalla terrazza posso vedere anche i cartelloni… cinema tutte le sere, prezzo del biglietto 50 lire. E’ mio padre che mi da le prime 50 lire “Vai pure al cinema e appena finito torna dritto a casa”. E’ l’inizio del mio viaggio nell’avventura dentro e fuori il cinema, con le prime amicizie, i primi ragazzi. Il giorno ci incontriamo sul Magra, attraversiamo tutto il letto fino a sfiorare l’altro argine dove il fiume scorre veloce, lasciando però delle anse, delle insenature con acqua bassa tra massi dai quali tuffarsi. Non ho mai provato il tuffo da certe altezze, ci provo, mi immergo nell’acqua profonda e riemergo dove già tocco mentre mia madre legge “Sogno”. Dall’alto del Silos un grido … una voce …. è mio padre … un suono indistinto per la lontananza, ma soprattutto l’agitarsi dalle impalcature ....gesticolando a richiamare l’attenzione. Sono i miei giochi con l’acqua.. i tuffi.. lo scomparire e il riemergere.. che suscitano paura in un babbo .. nessuna confidenza con l’acqua. E proprio di fronte al Silos, al Groppino , quartiere periferico di Aulla, in quei primi giorni ci imbattiamo nella famiglia Moretti per un’amicizia che non terminerà mai. La nonna Corinna grande cuoca… i suoi dolcetti…i piatti tipici della Lunigiana. Il Babbo in ferrovia a La Spezia che torna solo la sera. La mamma, di cui mi sfugge il nome, … casalinga … più grande di mia madre … diventano amiche intime. Torniamo a casa solo la sera all’ora di cena, mentre gli altri momenti li passiamo lì al Groppino, io con il gruppo d’amici che ogni giorno cresce. Infine Marisa, la figlia, 16 anni biondissima grande coda di cavallo tenuta di lato sul davanti, che mi chiede da subito piccoli favori. L’acqua piovana dalla cisterna della piazza per lavare i panni (mia nonna mi dava 10 lire per riempirle il pillone) e soprattutto mi manda in missione nel letto del Magra a fare raccolta di Giunchi quasi tutti i giorni. E’ il lavoro del momento … le donne a casa costruiscono panieri, cesti, corbelli usando i giunchi del fiume. Si raccolgono e si sbucciano prima che secchino per poterli lavorare. Rapporto quotidiano che si consuma prima di andare a giocare e al ritorno dai miei giri, nessun prezzo concordato .. neppure richiesto. Non ricordo quale fu il primo gesto tra noi, il primo passo. Ricordo quella treccia bionda a incorniciare il suo viso bellissimo che si illuminava quando le sorridevo e la guardavo. Ricordo quella sua prima carezza mentre le rubavo un bacio … sbarazzino… non proprio sulla guancia …. ma giusto per sentire il suo profumo e la sua vicinanza, mentre i suoi occhi compiaciuti tentavano vanamente di assumere un’espressione di rimprovero.. Gesti che cominciarono a ripetersi spontaneamente con la complicità di Marisa … lusingata e divertita dalle mie attenzioni … come di un bambino “cresciuto”. Non ricordo altre parole, se ci furono, quando accompagnavo il bacio con un sussurro “sei bellissima!” .. quasi una dichiarazione. Non mi turbò neppure scoprire nel giro di alcuni giorni il suo fidanzato. Bruno, che tutti al cantiere chiamavano “Pastaburro”.. tanto era buono. Neppure geloso mi sentivo.. non occupava mica il mio spazio!!… Marisa era “anche” la mia fidanzata. Estate bellissima impossibile da dimenticare impressa in ogni muscolo, in ogni centimetro di pelle, nell’aria, nel profumo del fiume e di quei capelli biondissimi. All’improvviso … il bisogno di condividere queste sensazioni con qualcuno che mi potesse capire veramente: Nonno Nuti. E’ il mio ritorno temporaneo a casa, siamo oramai a fine luglio… secondo la promessa fatta e .. per la voglia di rivederlo ..di raccontargli tutte le novità. Mi riaccompagna a casa Zia Pia venuta a farci visita in quei giorni che lascia al mio posto mia sorella Maurizia e nonna Livia.
Quella settimana passata nell’orto con Nonno Nuti ci raccontiamo tutto, tutto… ma non proprio tutto.. non trovo le parole e neppure il coraggio di parlargli di Marisa.. non saprei da che parte cominciare.. forse sarebbe geloso! Il giorno mangiamo soprattutto pomodori e insalata, nel pomeriggio un giretto verso i Cappuccini e ritorno… è caldo. Dopo cena in Piazza con i vecchi amici gioco a nascondino, mentre Nonno Nuti fa la sua partita a 21 e prima di andare a letto un pensiero anche al domani… a caccia di lucciole per rimediare i soldi per il gelato La notte invece recuperiamo il tempo andato e mi addormento mentre mi narra le gesta di Tonino.

Al ritorno trovo gli amici e il cinema all’aperto proprio davanti alla stazione dei treni. Quella sera c’è un film con Jerry Lewis “Occhio alla Palla” mi ricordo anche il titolo, ma ad attirare la mia attenzione è il richiamo sussurrato del venditore di bibite e noccioline ….”Lupini” …Insieme agli “anicini” costituivano i dolciumi, i chicchi di cui era goloso il Nuti da bambino. Troppa la tentazione e altrettanta la delusione per il sapore inatteso.. anche se mi manca il coraggio di buttarli … un occhio al film e uno al sacchetto che sembra non finire mai.


Quando finisce l’estate sul Magra, finiscono anche i giochi consueti, le sortite sul fiume e la raccolta di giunchi. Ci si avvicina al tempo della scuola e scopro amici che saranno miei compagni , mi ricordo ancora del Toso che stava sul mio stesso pianerottolo, e dell’altro (ma non il nome) che divenne arbitro di serie A. Con il 1° di ottobre inizia la scuola, la terza elementare, ne conservo ancora intatto il libro di lettura del quale mi ricordo di un brano del “Pifferaio di Ham…..” e dei “Ragazzi della Via Pal” con tanto di disegno a colori. Mese di cambiamenti in casa, a scuola… anche mia sorella inizia con la 1° elementare… Ma come dimenticare quella giornata in bosco, su fin sotto il castello, a raccattare castagne… io… mia sorella… e Marisa.. Non ricordo neppure quante castagne riuscimmo a mettere insieme… la sera dovevamo fare le caldarroste al Groppino con la famiglia Moretti. Ma ricordo quel gioco che ci riportò tutti e tre a casa, culo a terra per scivolare in formazione ognuno tra le gambe dell’altro (prima Maurizia, secondo io e in coda Marisa) lungo il viottolo di terra battuta da una terrazza all’altra. Cambi di velocità e di direzione per rovesciamenti imprevisti tra risate, ammaccature, graffi e anche atterraggi morbidi tra le curve generose di Marisa … fino all’ultimo tratto. Peccato! Ora che cominciava a piacermi anche se non capivo il perché,…certo quella vicinanza che non era mai stata così… vicina…. così intrigante… e quella risata soddisfatta gorgogliata di Marisa che accompagnava ogni ribaltone. Non mi è più capitata un’occasione simile, le castagne erano finite. Ma finì anche il nostro tempo… la radio annunciò l’invasione dell’Ungheria … ne parlarono anche le maestre a scuola… dovevamo ritornare a San Miniato… il lavoro al Silos stava per terminare. Si avvicinavano le vacanze di Natale e oramai tutto era pronto per il rientro… dovevamo salutare gli amici e le maestre. Con un mazzo di garofani mia sorella Maurizia si presentò l’ultimo giorno per farne omaggio alla sua maestra e salutare così le compagne di scuola. Era già la prima settimana di dicembre e la maestra… per una forma innata di cortesia, nel ringraziare formalmente osò dire… “Ma non dovevate!! Con quel che costano i garofani oggi!” – Immediata e spontanea la risposta in replica di mia sorella, che non è mai stata in grado di “reggere neppure il semolino” - “Bah!! Settanta lire l’uno!!” – Espressione che in casa Moretti e in altre famiglie di Aulla ancor oggi usano per sottolineare che un prezzo è troppo caro…… Usano proprio questo intercalare: “Bah!!!... settanta lire l’uno”.


Aulla, cartolina degli anni '50-'60
Utilizzo ai sensi dell'art. 70 comma 1-bis della. Legge 22 aprile 1941, n. 633.


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