martedì 27 maggio 2014

LA MIA GUERRA - Racconto e testimonianza di Manlio Pertici con introduzione di Giancarlo Pertici suo figlio


di Giancarlo Pertici

LA MIA GUERRA - E' questo il titolo che io ho dato ad un promemoria scritto e corretto da mio padre negli ultimi giorni della sua vita e ritrovato tra i documenti, dopo la sua stessa morte. Ha cercato di raccontare la grande avventura, come lui la definiva, della guerra. Ha saputo elencare fatti e momenti, mentre non è riuscito a trascrivere le sofferenze, le privazioni, la fame, il freddo, la lontananza da casa di un giovane poco più che ventenne rimasto sempre e solo nel suo piccolo paese. Ma soprattutto ha cercato di esorcizzare, senza riuscirci, il dramma della guerra e delle ferite che si è portato dietro e che hanno sempre condizionato la sua vita: nel bene e nel male. Non ha neppure tentato di trovare le parole per esprimere il vuoto, il dolore, la delusione, la mancanza della mamma, dopo una lontananza di oltre due anni e che noi figli sentivamo riflesse su di noi e in lui. Lui che, quasi per una forma di autodifesa, evitava di mostrare i propri sentimenti come fossero una debolezza da cui difendersi e di cui doversi vergognare. Mai una carezza ... si è negato anche questo, mentre lo negava a noi, per difenderci e difendersi da altro dolore da altre delusioni.
Ho dovuto trascriverlo per renderlo leggibile.

La mia Guerra - di Manlio Pertici classe 1922

Gennaio 1943 arriva la cartolina e partenza per il Militare: destinazione Parma al 19° reggimento di Cavalleria. Rimanemmo a Parma giusto 6 mesi per seguire un corso dopo il quale, assieme ad altri, fui promosso motociclista. Scelta non indovinata! Nel mese di agosto ci fu la partenza per i Balcani: destinazione Tirana dove c’era già distaccato il nostro Reggimento e dove cominciava la nostra avventura. Quale “porta ordini” ci facevano la caccia perché avevamo con noi sempre qualche informazione, tramite un semplice Biglietto, da recapitare ai vari Comandi o di Divisione o di Capo d’Armata.
Una mattina messi tutti in allarme e scesi in piazza partiamo per raggiungere i monti sopra Tirana e soccorrere un nostro reggimento che era stato accerchiato dai partigiani e per rinforzare la resistenza. Ma mentre scendevamo dal monte diretti al nostro obiettivo, inconsapevoli di ciò a cui andavamo incontro, mi ritrovai da motociclista portaordini come avamposto, dietro mia libera scelta, perché l’altro mio collega si era rifiutato di farlo. Avevo commesso un errore. Cominciò infatti una intensa sparatoria dai monti sovrastanti con numerosi morti e feriti, mentre ne uscii cavandomela con solo una ferita a un dito della mano. Giusto per dito che tenevo premuto sulla leva del gas. Solo con il buio riuscimmo a rientrare dalla base dislocata nella parte alta del monte, da dove eravamo partiti, dove ritrovai Osvaldo Pergoli mio vicino di branda. Quindi rientrammo a Tirana.
Siamo all’8 Settembre. Qui comincia una nuova avventura dopo che viene annunciata la fine della guerra, ignari di ciò che ci aspettava. Una mattina si presenta in caserma un tedesco che annuncia che le truppe del territorio albanese saranno spostate a nord ovest: non avevo idea di che posto si trattasse. Ci caricano sopra un Carro merci e per ferrovia iniziamo il nostro viaggio. Prima tappa Bitoli in Romania. Da li tramite la linea ferrata ci fanno proseguire per la Bulgaria, la Iugoslavia, l’Ungheria, l’Austria il tutto senza nessun tipo di assistenza alimentare. Per fortuna in Bulgaria, durante una sosta, avevo barattato alcuni indumenti e delle calze con un pane con una donna durante una sosta.
Si arriva a destinazione. Siamo arrivati in Germania in un paese chiamato “lerte”, almeno questa era la pronuncia, dove ci attende un Lager. Il primo giorno ci portano a pulire delle strade perché avevano bombardato la periferia nord ovest di Hannover da poco.. Un’altra mattina ci portano in piazza e ci “noleggiano” a delle donne che avevano da riparare i tetti di casa. Quindi mi portano in uno scalo merci a scaricare carbone dai vagoni. Lavoro che dura circa un mese. Infine un altro lavoro nella fabbrica di alluminio “Linde” dove siamo incaricati anche del carico e scarico dei vagoni. Una mattina si ammala un tedesco che manovrava un gru in un capannone. Un tedesco nostro caporale mi dice “Pertici Sali su quello, è il tuo lavoro”. Non conoscendo il tedesco mi ci vollero diversi giorni per imparare i comandi e per capire gli ordini che mi venivano impartiti. Lavorai alla gru per circa 4 mesi. Una mattina, era di Giugno, vengono paracadutati sul campo volantini in tutte le lingue ad annunciare lo sbarco degli Americani in Normandia.
Pensavamo che fosse finita anche per noi e che sarebbero arrivati subito. Invece arrivarono ad Hannover il 16 aprile del 1945. Anche in quel frangente pensammo subito: “Si va a casa” NO! Invece perché le linee ferroviarie erano gravemente danneggiate. Arrivammo così a quel 2 agosto, data in cui partimmo per tornare in Italia.
Arrivai a San Miniato un martedì pomeriggio, era il 19 agosto, alle ore 2. Ma a casa era tutto cambiato: la mamma era morta. Mentre in Duomo si è consumata una strage ad opera dei tedeschi. Non erano state sufficienti le cose che avevano combinate nei campi di concentramento.


Manlio Pertici, tesserino di lavoro nel campo 9968
Collezione Giancarlo Pertici

Tirana. Manlio Pertici è il primo a sinistra
Collezione Giancarlo Pertici

Manlio Pertici, il secondo da destra
Collezione Giancarlo Pertici 


Parma, momento del rancio. Seguì partenza per l'Albania
Collezione Giancarlo Pertici 


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