venerdì 21 febbraio 2014

I BORROMEI DI SAN MINIATO NEL SOMMARIO STORICO DELLE FAMIGLIE CELEBRI TOSCANE


Di seguito è proposta la trascrizione dell'articolo storico dedicato alla famiglia Borromei (o Borromeo), pubblicato in D. Tiribilli-Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, riv. Da L. Passerini, L. Melchiorri Editore, Firenze, 1855, Vol. 1, n. 27. Si tratta di un breve saggio che individua l'origine della casata e traccia un profilo sintetico degli esponenti di maggior rilievo.

D. Tiribilli-Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri toscane
riv. da L. Passerini, L. Melchiorri Editore, Firenze, 1855, Vol. 1. Frontespizio.


BORROMEO
(di San Miniato)

[01] «Da un Borromeo di Francesco, che probabilmente portava il cognome de' Franchi, stato Giudice in Firenze nel 1347 ebbero origine e cognome i Borromei. I suoi discendenti furono costretti di abbandonare la patria nel 1370, cioè quando San Miniato fu soggiogata dai Fiorentini. Gregorio XV nel 1622 dichiarò Città lo terra di San Miniato e ciò in contemplazione di esservi uscita la famiglia Borromeo da cui uscì S. Carlo; ma in realtà quel Cardinale apparteneva ai Vitaliani di Padova, i quali nel 1438 essendo stati eredi di un ramo dei Borromeo ne adottarono il cognome.

Filippo di Lazzaro esercitò il notariato, poi non so per quali mezzi divenuto ricco, fecesi capo della fazione Ghibellina; in tale qualità rese importantissimi servigj ai Visconti i quali mossi dalla cupidigia e dall'ambizione di estendere i loro dominj avevano spinte le loro armi vittoriose fino in Toscana. Giunto l'Imperatore Carlo IV in Italia, nel 1368 insieme a Bernabò Visconti mosse guerra ai Guelfi; San Miniato che fino dal 1347 si era data temporariamente alla Repubblica fiorentina si ribellò dichiarandosi per l'Imperatore. Filippo in questo cambiamento vi ebbe la parte principalissima. Giunto l'Imperatore in Toscana le cose procedevano assai bene; ma andato a Siena fu sconfitto e con grande scorno dovè ritornare in Germania. I Fiorentini che aspiravano il momento di vendicarsi degli abitanti di San Miniato colsero quest'occasione e vi spedirono Roberto Guidi Conte di Poppi per sottometterli. Bernabò Visconti prese le loro difese; pur tuttavia i Fiorentini riuscirono di penetrare nel Castello e ridurlo alla loro devozione. I Capi principali della ribellione furono tradotti a Firenze, non escluso Filippo, il quale vi fu decapitato il 14 gennajo del 1370. Il suo cadavere, dopo di essere stato trascinato ignominiosamente per le vie della Città, fu gettato in Arno.

Borromeo suo figlio dopo la morte del padre fuggì dalla patria ricovrandosi a Milano presso i Visconti. Colà si dedicò alla mercatura ed avendo favorevole la sorte accumulò copiose ricchezze. In seguito Francesco da Carrara Signore di Padova lo chiamò presso di sè nominandolo Tesoriere dei suoi stati; poi avvedutosi che faceva il proprio interesse a carico [02] del pubblico tesoro lo fece carcerare né lo lasciò in libertà che dopo di avere sborsato 23,000 scudi d'oro. Trovatosi libero tornò a Milano e colà si pose ad accendere l'animo di Gio. Galeazzo Visconti contro i Carraresi i quali nel 1387 dovettero principalmente a lui la perdita dei loro stati. Nel 1404 Francesco Novello da Carrara ricuperò Padova e sebbene la guerra continuasse tra i Carraresi ed i Visconti finalmente si venne ad un trattato di pace in cui vi fu contemplato il Borromeo al quale i Carraresi si obbligarono concedere il perdono. Pur tuttavia egli poco fidandosi di loro continuò a vivere in Milano ove tenendo banco diventò ricchissimo. Essendo in buona grazia dei Visconti ottenne dai medesimi la Contea di Castellarquato; poi caduto in disgrazia di quella famiglia gli fu tolta l'investitura e nel 1407 fu data agli Scotti. Morì in Venezia nel 1422.

Giovanni suo fratello visse in Milano ove dai Visconti nel 1394 ottenne la cittadinanza. Trovatosi possessore di copiose ricchezze chiamò da Padova presso di sé Giacomo Vitaliani nato da Margherita sua sorella e lo istituì erede delle sue fortune. Questo Giacomo Vitaliani è il progenitore dei Borromeo di Milano da cui uscì S. Carlo.

Giovanni di Borromeo dopo la morte del padre furono a lui assegnate 30 botteghe con fondaco in Firenze, 22,800 fiorini d'oro di capitale su i monti di quella città ove aveva case e palazzi, ed alcuni terreni presso S. Casciano in Val di Pesa. Dopo la sua morte avvenuta nel 1466 l'unica di lui figlia Beatrice e moglie di Giovanni de' Pazzi, doveva essere l'erede di tanta fortuna; ma il di lei cugino Carlo Borromeo ottenne dalla Repubblica fiorentina che venisse emanata una legge in forza di cui i nipoti maschi escludevano le figlie. L'autore principale di questa ingiustizia fu Lorenzo il Magnifico il quale geloso della grandezza ed opulenza dei Puzzi cercava ogni mezzo per abbatterli. Da ciò ebbe principalmente origine, sebbene molto tempo più tardi, la tanto famosa congiura dei Pazzi.

Carlo d'Antonio del ramo di Padova, venne a stabilirsi in Firenze al seguito della conseguita eredità di Giovanni Borromeo suo Zio, di cui Lorenzo il Magnifico in onta dei Pazzi aveva spogliala Beatrice di lui unica figlia. Nel 1468 guadagnò una giostra celebrata in Firenze; nel 1512 fece parte dei XVI Gonfalonieri di Compagnia e nel 1515 del Magistrato dei X di Balia.

Achille d'Alessandro dello stesso ramo, passato al servizio imperiale combatté nelle guerre contro i Veneziani, ed anzi fece ogni sforzo perché Padova cadesse nelle mani dell'Imperatore; riuscì in seguito ai Veneziani di ricuperare quella Città ed allora fu dichiarato ribelle e gli furono confiscati i beni. Morì al sacco di Roma nel 1527 combattendo per l'Imperatore Carlo V.

Giovanni di Carlo del ramo di Firenze nel 1571 fu eletto Cavaliere di S. Stefano; passato al servizio dei Veneziani combatté con essi nelle guerre contro i Turchi e nel 1574 in ricompensa dei suoi servigi ebbe il governo di Rettimo nel regno di Candia.

Carlo di Galeazzo dello stesso ramo. Vestì l'abito di frate Carmelitano e nel 1630 conseguì la laurea nell'Università dei Teologi di Firenze di cui fu Decano nel 1646. In seguito divenne Assistente generale del suo Ordine; [03] Priore del Convento di Prato, poi di quello della Traspontina di Roma e finalmente di Firenze. Mori nel 1659.

Antonio-maria di Bonifazio del ramo di Padova, dedicatosi alla Chiesa si ascrisse tra i Canonici regolari Teatini professando in Vicenza ove lesse Filosofia e Teologia; poi andato a Roma divenne Segretario del Generale e Consultore di quella Congregazione. Nel 1713 Clemente XI lo elesse Vescovo di Capo d'Istria, chiesa che renunziò nel 1733 ritirandosi in Padova ove ottenne l'Abbazia di Carmignano. Morì nel 1738.

Antonio-maria di Gio. Carlo, dello stesso ramo, fu uomo distinto per la sua templare pietà ed erudizione. Scrisse varie opere; ma ciò che gli acquistò fama fu la magnifica Collezione de' Novellieri Italiani da lui senza risparmio di spesa e fatica raccolta. Ne pubblicò il Catalogo in Bassano nel 1794 e nel 1805 con dieci Novelle inedite nella prima edizione, ed una nella seconda. In questa raccolta omise le Novelle di Giovanni Rodoni dall'autore scritte in derisione dei riti della Cattolica Religione e tutte quelle che erano note per la loro oscenità. Morì nel 1843 il 23 Gennaio.

La famiglia Borromeo esiste tuttora in Padova. Il ramo di Firenze si estinse nel 1679 il 18 Febbraio nel Senatore Giovanni, i di cui beni passarono in uno dei rami di Padova, per mezzo del matrimonio di Teresa sua figlia col Conte Borromeo Carlo. Una diramazione rimasta in San Miniato, e propagata da Borromeo Zio a quel Filippo che fu, come dicemmo, decapitato, mancò in Pietro-Paolo che morì nel 1672.

SCRITTORI DA' QUALI SI È TRATTA LA PRESENTE ISTORIA

Litta, Famiglie celebri Italiane. — Ughelli, Italia sacra. — Ammirati, Istorie Fiorentine.

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