venerdì 5 luglio 2013

VEDUTA DELLA CATTEDRALE DI SAN MINIATO


Di seguito è proposta la Veduta della Cattedrale di San Miniato, in Francesco Fontani, Viaggio Pittorico della Toscana, Tomo IV, Firenze, 1817, pp. 237-244.

VEDUTA
DELLA
CATTEDRALE DI S. MINIATO


Di un doppio titolo va attualmente insignita questa Chiesa, appellandosi di S. Maria, e S. Genesio, perché alla memoria della gran Vergine Madre era nei vetusti tempi dedicato il principal Tempio della Terra di S. Miniato, e dal nome del celebre Martire era detto quello che esisteva già nel Castello di San Genesio, rovinato (siccome anco altrove avvertimmo) nel 1248 dai Samminiatesi. Il Lami rischiarando per via di monumenti la Storia di queste due Chiese non pare che sappia decidersi a quale e' ebbe dare il primato circa l'anteriorità, sebbene ragionevolmente sembri di inclinare a credere che questa di S. Genesio fosse eretta fino dal Secolo IX, e l'altra di S. Miniato forse nell'XI, mentre da una Bolla di Celestino III, in cui si rammentano varj privilegi conceduti a quella Chiesa da Alessandro II, che fu eletto Pontefice nel 1061, si fa di lei menzione come di esistente da qualche tempo innanzi, e convien credere che anco fosse ben vasta, e capace, mentre nel 1074 vi si adunò un Concilio ad oggetto di decidere la causa che verteva infra S. Anselmo Vescovo di Lucca, ed i Canonici di quella sua Chiesa. Repugnava con assai di fermezza il Prelato contro il parere del suo Capitolo per non prendere l'investitura dall'Imperatore Enrico, il quale s'era dichiarato nemico del Pontificato, e singolarmente di Gregorio VII, il quale con particolar Breve aveva animato Anselmo a non cedere in cosa alcuna contro l'immunità Ecclesiastica, e i diritti della Chiesa. Insistevano all'opposto i Canonici protestando di non volergli prestare obbedienza, quando ei non avesse giurato omaggio a Cesare, e a tanto crebbero le dissensioni, che per la Città nascevano dei ben frequenti tumulti. Per riparare si pensò pertanto di adunare un Sinodo a S. Genesio, a cui intervennero molti Vescovi, e fra gli altri ancora S. Pietro Igneo, Vescovo d'Albano in qualità di Presidente, il quale unitamente ad Anselmo pronunziò anatema contro i partigiani di Enrico: cosa che, al riferire del Baronio, suscitò maggiori molestie, ed affidata questa sugli ajuti, che se le promettevano per parte dell'Imperatore, senza aver riguardo alla stessa Contessa Matilde, esiliarono il Vescovo dalla sua Sede. Niuno degli Storici ci ha lasciata memoria del materiale della prelodata Chiesa di S. Genesio, che pare fosse onninamente abbandonata nel 1248, quando i Samminiatesi distrussero il Borgo, e trasferirono il titolo di questa Prepositura nella loro Terra, unendolo a quello di cui godeva la Chiesa loro principale, appellata già Pieve di Santa Maria.
E' situata questa in una delle estremità della vecchia Terra, prossima assai alla Rocca erettavi d'appresso nel 1237 per volontà di Federico II Imperatore, ed a cagione di tal vicinanza, fu perciò in varie occasioni di guerra esposta a diverse fatali vicende. Nel 1398 San Miniato obbediva ai Fiorentini, ed erano questi in continui timori di guerra per parte dei Pisani, che dominati dall'Appiano, ora scopertamente, ora con tentativi di tradimento, studiavansi di conquistare i castelli, e le terre, le quali erano soggette al comune di Firenze. Vedea l'Appiano di quanto vantaggio poteva essergli l'acquisto di alcun luogo forte in prossimità di S. Miniato per far di questa Terra l'impresa, quando fosse mai avvenuto che i Fiorentini distratti in altre guerre, o umiliati da alcuno più potente, non avessero più potuto sostenerla contro le loro forze. Tenne egli perciò trattato (al riferire dell'Ammirato) con uno di Barbialla, Castello del Contado Samminiatese in Val d'Evola, per impadronirsene, e con esso avea disposto del modo, assicurandolo della più ampia mercede. “Colui gli promesse di far l'opera, (scriveva il citato Istorico) e convennero fra di loro dei dì: … ma egli andato a trovare il Capitano dei Fiorentini, e i dieci di Balìa, avuto promesse maggiori, si offerisce pronto a fargli venire in mano tutte le genti dei Pisani, se nel dì che con esso loro si era convenuto, il Capitano Fiorentino con le sue genti si trovasse in alcun vicino aguato, onde fosse a tempo a chiudere in mezzo in nemici. Il giorno determinato i Pisani non temendo di insidie ne vengono lieti verso Barbialla, quando Bernardone, che in luogo assai celato con le sie genti era riposto, con grandi grida assalì gli inimici dalle spalle. Quivi non accadde combattere, perciocché tutti coloro, che non potettero fuggire, sensa fare alcuna difesa fur fatti a man salva prigioni dai Fiorentini, il numero dei quali giunse a trecento con più di cinquanta cavalli”. Nonostante questo vantaggio però il Comune di Firenze credé di non doversi fidare a segno di non premunirsi contro i nuovi attentati, e attacchi, ch'e' sipoteva aspettare; perlocché volendo provvedere alla sicurezza della Terra, oltre il bastionare le vecchie mura, ordinò che si fortificasse la Rocca, estendendone altresì il circuito, ed includendovi la Chiesa stessa, che in quella occasione soffrì non pochi cangiamenti dal suo primo stato, e figura. Pel corse adunque di 90 anni fu questo Tempio onninamente chiuso al pubblico servizio della Religione, e debbono i Samminiatesi il bene di averne riacquistato l'uso al celebre Per Vettori il Seniore, che nel 1488 essendo loro Vicario pel Comune Fiorentino, ottenne dagli Otto di Pratica della Repubblica che fosse ad essi restituito a lustro maggiore della Terra, e del Clero, il quale privilegiato già un anno innanzi dal Pontefice Innocenzo VIII della istituzione di dieci Canonicati, ardentemente desiderava di ritornare al libero possesso dell'antica sua Chiesa. “Noi abbiamo condetudo per partito nostro ai Preti di costì, (scrisse il Magistrato della Pratica al prenominato Vicario) la Chiesa, ed il Palazzo di sotto, che sono nella Cittadella costì, con patto che siano obbligati a loro spese conservare detta Chiesa, e Palazzo di tetti, e usci, e ciò che faccia loro di bisogno, e così abbiano a murare e smurare, tanto quanto tu ci scrivesti a' dì passati, che ti pareva di fare per separare il detto Palazzo, e Chiesa dalla Cittadella, e dal Ponte entrare nell'orto, che và alla Fortezza di sopra. Essendo tu prudente, e nel facto, vogliamo che tu sia quello che ordini, e disegni a' detti Preti quanto ti parrà debbano fare circa il soprascritto effetto. Dovendo nel Palazzo essere la Canonica, vogliamo che quello del Cavalcanti, che è costì Proposto, possa eleggere una stanza per se, qual più gli piacerà. E detti Preti sono obbligati dare ogni anno per S. Bernardo al Palazzo nostro due Torchi di cera bianca di libbre tre l'uno. Consegnerai dunque a tua posta ai detti Preti la detta Chiesa, e Palazzo, e sollecitagli a murare, e smurare quanto ti pare da fare, primaché tu esca di codesto Ufizio”. Non sgradiranno i Lettori che noi abbiam riportato per intiero questo autentico documento, il quale non prova solo quanto abbiamo riferito sopra riguardo alle vicende della Chiesa di S. Miniato, ma serve ancora a provare la semplicità, con cui si comportavano nello scrivere per officio le Magistrature Fiorentine ai subalterni ministri dello Stato.
E' questa Chiesa adunque nella sua prima mossa, per quanto apparisce, condotta a tre Navate, e con magnificenza sul fare degli edifizj sacri del Secolo XI; se non che le posteriori variazioni ordinatevi l'hanno in gran parte fatta cangiare e d'aspetto, e di pregio. Non si sa di preciso come essa si fosse nell'occasione che fu riaperta ad uso pubblico dal predetto Pietro Vettori, che si meritò ne fosse eternata la memoria in una iscrizione apposta nella principal sua facciata; ma nell'interno ha sofferto tali alterazioni che appena più cu è dato ora il ravvisarne un qualche leggiero indizio. Con la falsa idea d'abbellirgli, bene spesso si guastano gli edifizj, togliendosi loro quella semplicità, che in principio forse era il loro massimo pregio. Clemente VII decorò di insigni privilegi questa Chiesa, e nel 1526 concesse al Proposto della medesima Giovanni de' Cavalcanti l'uso dei Pontificali, l'ordinare i Chierici negli Ordini Minori, ed altre prerogative ed esenzioni, che lo rendevano quasi Ordinario del luogo, anzi unicamente soggetto alla Sede Apostolica, come si ha dalla Bolla spedita da quel Pontefice nel detto anno, e riportata per intero dall'Ughelli nella sua Italia Sacra. Maria Maddalena d'Austria poi, moglie del Gran-Duca Cosimo II, volle ancora nobilitarla di più, poiché nel 1624 a di lei petizione Urbano VIII le concesse un Vescovo Proprio, secondoché avea determinato il suo antecessore Gregorio XV, il quale con sua Bolla del 1622 aveva già circoscritta la nuova Diocesi. I Samminiatesi dunque riconoscenti, e grati alle premure usate a loro riguardo dalla predetta Gran-Duchessa, le eressero nella principal piazza della Città una Statua di marmo con una opportuna iscrizione incisa nella base, perché rimanesse ne' secoli avvenire come eterna la memoria della degnazione di quella Principessa, che volle nobilitare sì fattamente la loro Patria, della quale non è piccola gloria l'aver data l'origine alla sì celebre famiglia de' Borromei, esistente ora in Milano, e l'essere stata la cuna di moti insigni uomini, cultori delle buone lettere, e delle scienze, fra i quali non sono da tacersi lo Storico Lorenzo Bonincontri, di cui sì ampiamente parlò il Lami nel pubblicare una parte della latina di lui storia, e il rinomato Autore della Metalloteca Vaticana, Michele Mercati, molte notizie della di cui vita, e de' molti suoi studi, e fatiche si possono vedere nel lungo ragionamente, che delle di lui più singolari azioni scrisse Monsignor Magella, premettendo all'edizione della sopra enunciata Vaticana Metalloteca.

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