domenica 24 febbraio 2013

FEBBRAIO - I MESI DI PIETRO BAGNOLI

a cura di Anna Orsi


Idillio tratto da "POESIE VARIE" di Pietro Bagnoli, Can. Samminiatese, Prof. di Lettere Greche e Latine nella R. Università di Pisa, Antonio Canesi, Tomo I, Samminiato, 1833: I PRIMI SEI MESI DELL'ANNO - Idilli, pp. 165-167.

Alba ed alberi di febbraio
Foto di Francesco Fiumalbi


IL PRIMO
DI FEBBRAIO

I.
Santa pietà! Tu d'ogni ben nutrice
Piangi gli estinti, e porgi ajta ai vivi,
Gli uomin, gli Dei tu onori, e un infelice
Quasi talor dal sen di morte avvivi:
Se lacrime per te dagli occhi elice
Alla presenza dei funerei Divi
Una turba di meste Pastorelle,
Le ascolta, e vieni oggi a plorar con elle.

II.
Così cantàr del lugubre Febbraro
Nel primo dì le Ninfe, e in lungo stuolo
Tra i taciti sepolcri s'inoltraro,
Tutte compunte, ed atteggiate in duolo.
Prima in mesto silenzio s'arrestaro
Colle man giunte, e gli occhi fissi al suolo,
Poi diverso sentier si tolse ognuna
Là 've polve a lei cara il sasso aduna.

III.
Intenerito avrian chi udito avesse
I flebili sospiri e le parole
In queste e quelle parti uscir sommesse
Dalla pietosa turba, che si duole.
Questa all'amica estinta un serto intesse
Di vergini giacinti e di viole,
E n'incorona l'urna, e a lei ch'anco ama:
Ombra cara, ove sei? Dolente sclama.

IV.
Quella spargea sul cenere paterno
acrime amare, e più co'tristi omei,
Che con parole dir parea: l'eterno
Sonno ah! Tu dormi, autor de' giorni miei
Altra più che col dir, col senso interno
Cara madre! dicea, madre, ove sei?
Dov'è il sen che nutrimmi? e il labbro e il ciglio
Di saviezza maestro e di consiglio?

V.
Ah! se alcun d' tuoi cenni andò perduto,
Mostrati disdegnosa ombra severa,
E fammi ravveder con quel temuto
Sguardo, che ancor dentro a quest'alma impera.
Altra ricerca pur con labbro muto,
Quasi un bel fior giunto sull'alba a sera,
Un diletto german, con cui divise
Gl'infantili trastulli, e pianse e rise.

VI.
Chi l'amico chiedea, che il caro sposo
Ahi! Sul fiorir delle speranze tolto!
E le tombe cingean di doloroso
Cipresso, ove il lor ben giacea, sepolto.
Poi tutte si ritrasser dal pietoso
Ufficio, umide il ciglio e col crin sciolto,
Altamente intuonàr riposo e pace.

VII.
Sia lieve il suolo alle composte salme,
E dolce l'aura e taciturna spiri,
Sì che non turbi la quiete all'alme,
Qualunque sia, che qui nuda s'aggiri.
Sol de' sepolcri le lugubri calme
Rompa l'aura pietosa de'sospiri,
E ben certo è pietà che in questo giorno
Facciam qui ogni anno a sospirar ritorno.

VIII.
Care alme, addio. Così tre volte alfine
Disser le Ninfe, e poi l'urne baciaro;
E ricomposto in sulla fronte il crine,
Non giuochi e danze, non piacer cercaro,
Ma con gravi pensier dalle divine
Preci ritolte, ala magion tornaro,
Ove pur tutto pensieroso e mesto
Passaro in prieghi di quel giorno il resto.


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