lunedì 12 novembre 2012

SAN MINIATO NE "LE CRONICHE" DI SERCAMBI 33/41

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DLXXII. Come lo campo di Genova fu scomficto da' ghibellini. [anno 1398]

Facto il dicto spartimento a' predicti Bertalocti fu notificato come li guelfi erano separati da' ghibellini ; e volendosi i dicti Bertalocti di quelli guelfi vendicare, e vedendo la quantità, subito richieseno l' aiuto a coloro che 1' aveano già proferto. E a dì ultimo aprile si raunònno di più luoghi, e maximamente delle brigate e huomini di messer Nicholò Pavigino da Parma, circha .CCCC. fanti; e di quelli marchezi di Valdistassa, Valdimagro e Mulazzo più di .VI.C; e simile delli nomini del dugha di Milano; e a sua pititione da Pontremoli e delle terre soctoposte al duglia, e d'altro, tanto che il dicto dì furino alla 'ncontra al campo de' Genovesi. E questo vedendo, lo capitano de' Genovesi e quelli chapi guelfi, dubitando, et col dubitare comfortandosi e armandosi, la brigata ghibellina del campo di ciò acorgendosi, veduto le genti, venute in soccorso di que' Bertalocti essersi messi a dosso a' guelfi, non che quelli aitassero, ma di loro non curandosi et più tosto essere loro contrarli, dando loro per costa, offendendo que' guelfi per tal modo che im poga d' ora i dicti guelfi funno messi in volta e sconficti e funone morti di ferro e anegati più di .CC. E simile fu morto lo dicto capitano e i dicti Mellone e Antonio da Lerici capi de' guelfi. Lo resto messi in iscomficta, e più di .V.C presi pregioni, lassando tucto careaggio. E così lo campo de' Genovesi fu scomficto.
Vedendo quelli guelfi che erano schampati del campo il danno loro, e quello che per li ghibellini era loro stato facto, pensorno di vendicarsi di chi non avea colpa. E come pensòro così ferono, che vennero al castello di Trebiano, nel quale la magior parte erano ghibellini, e quello castello per li ghibellini sostenea, non acorgendosene, fu preso da' dicti guelfi, e tucti i ghibellini che dentro e di fuori trovòro missero al taglio della spada. E a questo modo è cominciata la danza in nella riviera, e tucto questo si tiene esser stato facto colle genti del dugha di Milano et conte di Virtù.
E perchè a tale richiesta infra li altri die' aiuto lo marcheze Marco da Olivola giurato al dugha, richiese il dugha di brigata a sua difesa e per potere a li amici del dugha porgere aiuto. Al quale il predicto dugha mandò fanti .CC. e passaron da Pontremoli a dì .VII. maggio in 1398; li quali il dicto messer Marcho misse in uno suo chastello nomato Verano; della quale venuta li marchezi guelfi molto dubitònno, stringendo le loro brigate e faccendo bene guardare le fortezze.
Essendo lo castellano del castello di Barbialla della corte di Saminiato richiesto da alcuno uscito e ribello di Saminiato, a pititione di messer Iacopo d' Appiano di Pisa, se volea intendere a dare la dieta fortezza con promecterli gram quantità di denari, il predicto chastellano dando audiensa rispuose: Or che vorreste che io facesse? Al quale fu dicto: Se ài intendane di ciò, voglamo che ti vagla molti denari; e acciò che inganno non ci sia, vogliamo che tu ci dii per statichi lo tuo figluolo e 'l tuo nipote. Ai quali rispuose che di ciò si volea apensare. E così rimanendo la cosa, il predicto chastellano secretamente se n' andò a Firenza e parlòne co' .X. della guerra, dicendo che pensava prendere gran quantità di genti di Pisa e alcuno ribello di Saminiato, e narrò tucto l' ordine. Li quali .X. dissero che seguisse quello che aveano ragionato, dicendo: tu ne varrai molto di meglio. Lui rispondendo disse: Ellino voglono per statichi il mio figliuolo e 'l mio nipote. I .X. dissero: dalli securamente, pero che noi prenderemo tanto buoni pregioni, che bene riaremo il tuo figluolo e nipote. E così si partìo da Fiorenza e ritornò verso il castello che avea a guardia.
O astutia di voi, che con inganno cerchate tradire, come non avete pensieri che Dio tucto vede e de' folli ognuno de' punire? certo la vostra astutia, e più tosto sto dia che senno, a volere consentire molto male potendo da tale male guardarsi. E prima dico a voi che richiedeste il castellano che facesse tractato contra il suo comune, poco fuste savi, e se male ve ne 'nconterrà l'arete bene guadagnato. E tu, chastellano, chome di prima faceia volesti dare audiensa a chi cerchava il tuo danpno e vergogna? E se pure tale audiensa desti, e ciò facesti noto a' tuoi signori,
come acomsentisti da poi, chome udirete, fare tradimento doppio? ragionevilemente da ciascuna delle parti ne sarai poco pregiato, e a tempo te ne troverai punito tu e tucti quelli che in simile acto consentissero, e mai neuna comunità di tali tractatori chome tu, chastellano, non si denno fidare. Ritornato il dicto chastellano al chastello di Barbialla, secretamente se n'andò a Pisa a parlare com messer Iacopo d' Appiano e con quelli che di principio l' aveano richiesto, dicendo che fare' tucto ciò che a lui era stato chiesto com proferire il figluolo e 'l nipote.
Al quale ragionamento messer Iacopo aconsentìo dicendo: Quanta brigata bizognerà a contasto della terra? Rispuose: Se mandate .CL. fanti in .CC. con alcuno homo da cavallo, vasteranno. Al quale messer Iacopo rispuose: Io ne manderò più assai, acciò che vengna facto. Messo lo tradimento in sodo, il dicto chastellano ritornò a Barbialla e mandò lo figluolo e 'l nipote a per stadichi.
O chane di castellano, a consentire che il tuo figluolo e nipote tossono chosi tenuti, che sapei lo tradimento che avei ordinato, e pensi tu, che per pregioni che abbi messtr Iacopo ti ristituischa i tuoi? captivo pensieri ài avuto.

Salvatore Bongi (a cura di), Le Croniche di Giovanni Sercambi, Vol. 2, Tip. Giusti, Lucca, 1892, pp. 179-182.

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