mercoledì 4 luglio 2012

ROCCO, IL SANTO DELLA VIA FRANCIGENA

A San Miniato dal 10 al 16 agosto
una grande manifestazione dedicata a San Rocco Pellegrino

di Andrea Mancini

Rocco è il santo della via Francigena: sono numerosi i motivi per cui il pellegrino di Montpellier deve diventare quello che Jacopo è per il Cammino di Santiago. Rocco nacque intorno al 1348 e morì nel 1380, circa trenta-trentadue anni dopo, questo almeno secondo lo studio di Paolo Ascagni (San Rocco contro la malattia, San Paolo, Milano 1997) che tenta, in modo molto rigoroso ed evitando quasi sempre l’agiografia, di ricostruire una figura che resta avvolta di leggenda.
Rocco ebbe in realtà una vita abbastanza semplice, con pochissimi episodi degni di nota. Quello per noi più significativo è certo l’investitura da pellegrino, celebrata dal Vescovo di Montpellier prima della sua partenza verso Roma, su quelle che erano le antiche strade d’Europa. Ricevette appunto indumenti che ne segneranno l’immagine, facendolo diventare un santo tra i più rappresentati nell’iconografia sacra non soltanto europea, un santo che ricorda e che in un certo senso riproduce l’apostolo di Cristo, Giacomo il maggiore, Santiago appunto. Dunque la conchiglia di Finisterre, che serviva anche per bere dai ruscelli e dalle fonti, il bordone, cioè il lungo bastone per appoggiarsi e anche per difendersi dai pericoli, poi la zucca per l’acqua attaccata proprio al bastone, la  mantellina, che nel caso di Rocco è corta e proprio da lui prende il nome di “sanrocchino” e infine il petaso, l’ampio cappello da pellegrino con spesso la conchiglia appesa. In più a questi elementi Rocco si caratterizza per il cane, che gli porta il pane e per la ferita, il bubbone della peste che lui mostra sulla coscia destra, alzando l’abito, con un gesto singolare, quello di spogliarsi, mostrare il corpo nudo ai fedeli, facendo vedere quello che in certe rappresentazioni diventa il segnale divino, mosso direttamente da un angelo, a volte addirittura da Dio o dalla colomba che ben lo rappresenta,  spesso servendosi di una freccia o di una lancia, di un raggio di luce. Ultimo elemento, che può comparire nelle rappresentazioni della vita di Rocco – alcune splendide, come quelle del Tintoretto, nella Scuola di San Rocco a Venezia - è la tavoletta dove sta scritta l’invocazione contro la malattia: chi è ammalato di peste può pregare San Rocco e guarirà. Questa tavoletta, e a volte la scritta sulla parete della cella, fanno parte di una tradizione ormai consolidata da più parti, anche negli studi francesi (tra l’altro di Francois Pitangue e Jean-Louis Bru), che vuole Rocco morto a Voghera, dove era stato imprigionato come spia, anche se per altri sarebbe morto una volta tornato a Montepellier. Secondo Anagni, e dunque anche secondo noi, Rocco non avrebbe mai fatto ritorno in Francia, diventando a tutti gli afferri un santo italiano, comunque europeo e appunto “francigeno”.  

Statua di San Rocco, immagine tratta dalla copertina della pubblicazione
 Dilvo Lotti (a cura  di), I pittori di San Rocco, Pro Loco di San Miniato, 1967
Pubblicazione ai sensi dell'art. 92, Legge 22 aprile 1941, n. 633 


Gli innumerevoli oratori a lui dedicati, sparsi per tutta l’Europa, ma soprattutto in Italia, e poi le feste patronali, le cerimonie che in molti luoghi ne celebrano la festività (in genere il 16 d’agosto) dimostrano la presenza di un culto significativo, che si lega in genere la fine della pestilenza o al tentativo di far voto al santo per essere preservati dalla malattia. Proprio guardando all’anno di edificazione di questi oratori, si può spesso risalire al momento in cui la peste fu debellata. Tra l’altro queste malattie infettive si legavano, nelle interpretazioni popolari, ai pellegrini, portatori di benessere e rapporti commerciali, ma anche di una “diversità”. Ci sono storie e leggende come quella del “Pifferaio di Hamelin”, che raccontano di una scarsa accoglienza, ripagata con epidemie e calamità.
Rocco è appunto questo, un pellegrino che viene trasfigurato dalla peste, che cambia fisionomia (come un attore!) e che non viene riconosciuto e viene visto come una spia. Rocco è francese, un diverso almeno in certe terre, dunque guardato come una sorta di infiltrato e alla fine messo in prigione, anche perché decide di non rivelare la sua vera identità. Già prima di quest’episodio, del resto, Rocco era stato estromesso dalla comunità come appestato, nascosto nei boschi (vicino a Piacenza, nei pressi del fiume Trebbia, a Sarmato), sul terreno del nobile Gottardo Pollastrelli.  Lì l’unico a riconoscerlo è il cane di Gottardo che lo aiuta a sopravvivere, portandogli ogni giorno un pezzo di pane, questo fino a che il nobiluomo non scopre l’animale e porta Rocco nella sua dimora dove lo cura. Anche Gottardo viene trasfigurato dalla dolcezza di Rocco, resteranno insieme poco tempo, ma Gottardo sarà probabilmente il suo primo biografo e forse il pittore che ne raffigurerà i tratti in quello che da più parti è considerato il più antico ritratto di San Rocco, aggiunto ad un affresco dell’antica chiesa di Sant’Anna a Piacenza.

 Oratorio dei SS. Sebastiano e Rocco
San Miniato, piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

La vita del santo, un santo all’inizio neppure ufficializzato, creato dal culto popolare, prima che dalla Chiesa, sarà brevissima, finirà pochi chilometri più in là, a Voghera, dove sarà arrestato e chiuso in prigione, a consumare gli ultimi cinque anni della sua esistenza. Così come la sua santità, anche il culto di Rocco si diffuse spontaneamente, con modi tutt’altro che canonici. Sono migliaia le chiese, i villaggi, gli oratori, le raffigurazioni dedicate a San Rocco. Anche da una lettura superficiale si deducono quelle che sono le caratteristiche della santità di Rocco, il suo essere taumaturgo: far guarire dalla peste e per estensione da altre forme epidemiche; ma soprattutto il suo essere pellegrino. Guardando al tragitto “ufficiale” della via Francigena, il suo nome compare in moltissimi dei siti, sia perché essi erano un luogo di passaggio, dunque di trasmissione delle epidemie, ma anche perché Rocco li aveva effettivamente attraversati nel suo viaggio da Montpellier a Roma, un vero e proprio “Cammino di San Rocco” che potrebbe essere ripercorso anche dai pellegrini di oggi. Il percorso coincide infatti sia con la Francigena che con il Cammino di Santiago: da Montpellier a Roma, seguendo la strada più alta della Gallia Cisalpina, o forse quella più bassa della Provenza poi della Liguria, fino in Toscana e in Umbria, per arrivare ad Acquapendente, dove Rocco si ferma a curare la peste. Da lì risalirà fino a Cesena, seguendo il diffondersi dell’epidemia e poi tornerà a Roma, che lascerà dopo una serie di eventi miracolosi e la visita al Papa. Il ritorno attraverso Assisi, per vedere i luoghi francescani, raggiungendo Piacenza dalla parte della Romagna e dell’Emilia, per poi morire appunto a Voghera.
Questo percorso è desunto da un libro su San Rocco, scritto da monsignor Ermenegildo Fusaro, più attento alla logica spirituale del pellegrinaggio che ad altre motivazioni, così come succede anche oggi per i pellegrini francigeni che guardano più ai significati spirituali e semmai culturali, che all’economia e ai tempi del loro viaggiare.


A San Miniato da 10 al 16 agosto 2012 avrà luogo il Festival del pensiero popolare / Palio di San Rocco Pellegrino, un festival internazionale di cinema, teatro, incontri, mostre che si concluderà con un rito dedicato al santo, celebrato - nella parte più spirituale - dal Vescovo di San Miniato, Fausto Tardelli. Per informazioni si può vedere il sito http://www.festivaldelpensieropopolare.it/. Da non perdere il grande turibolo che il 16 agosto attraverserà la piazza di fronte all’Oratorio di San Rocco (e di San Sebastiano) che verrà riaperto per l’occasione. Il Buttafumo, che si richiama al Botafumeiro che si muove nella navata centrale della cattedrale di Santiago di Compostela, è stato costruito da quattro artisti, Giorgio Giolli, Fulvio Leoncini, Romano Masoni e Andrea Meini. Durante la settimana del Festival sono anche da segnalare gli incontri dedicati a San Rocco, dove alcuni studiosi, poeti, attori, tratteggeranno a loro modo la figura del santo, nella narrazione dei santi pellegrini, nella ricostruzione scientifica, nella finzione teatrale. Gran finale con il concerto in piazza Buonaparte dei Mascarimirì, lo straordinario gruppo salentino, reduce dai successi in tutto il mondo, che mischia, in onore a San Rocco, pizzica e musica tzigana.

1 commento:

  1. ANCHE IN CASTELNUOVO D'ELSA C'ERA UNA CAPPELLINA MOLTO ANTICA PROPRIO DI FRONTE ALLA CASA DEL POPOLO, ORA NON SI VEDE HO è NASCOSTA DA CAPANNETTE VARIE. IO ME LA RICORDO BENE, ERA ANTICA QUANTO LA CAPPELLETTA SUL POGGIO PER FORTUNA SALVATA DALLE GRINFIE DEI PALAZZINARI.
    LA DETTA CAPPELLETTA CHE NOI DA RAGAZZICI ANDAVAMO A GIOCARE SI TROVA FUORI CASTELNUOVO E GUARDA CASO DOPO IL CIMITERO VECCHIO, IO HO VISTO ALCUNE MURA SI TROVAVANO DIETRO CASA MIA, ORA CI SONO ABITAZIONI. SEMBRA NELLA CITATA CAPPELLA VENISSERO PORTATI GLI APPESTATI. QUINDI NON E' DA ESCLUDERE CHE IL SANTO SI SIA FERMATO IN CASTELNUOVO E LA AVESSERO DEDICATO LA CAPPELLETTA ORA SCOMPARSA.

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