domenica 15 luglio 2012

GIUSEPPE LANDI A SAN MINIATO

di Francesco Fiumalbi

A San Miniato capita di fare incontri inaspettati. Merito anche di Luciano Marrucci, che attira a sé eccezionali personalità di ogni tipo.
Giunto in Piazza del Seminario, vedo due figure che stanno dietro ad un cavalletto. Sembrano confabulare; assieme a Luciano Marrucci c’è Giuseppe Landi, livornese graffiante, straordinario pittore in stile macchiaiolo.
Don Luciano lo conosciamo tutti, è un tipo formidabile, ma Landi non è certo da meno! Cappellino da pescatore mimetico a coprire una folta chioma brizzolata; un bel “baffo robusto”, che fa il paio con gli occhiali quasi in punta di naso, come a dire: gli occhiali sono necessari, ma meglio vedere direttamente con gli occhi!

Giuseppe Landi con la sua opera
Foto di Francesco Fiumalbi

Mosso dalla curiosità, ancor prima di porgere un saluto, mi dirigo anch’io dietro al cavalletto e vedo il disegno di uno fra gli scorci più belli di San Miniato. Non è un’immagine qualunque: ha una luce magica, vi assicuro che la fotografia non rende assolutamente giustizia.
Ci presentiamo.
Ancora imbambolato da ciò che stavo vedendo, con un pizzico di timore chiedo: “Quanto tempo ci vuole per fare un quadro come questo?”. Sono stato un po’ avventato e anche un po’ ingenuo, me ne rendo conto un attimo dopo. “Trent’anni” – risponde Landi – “E’ trent’anni che dipingo!”.
1-0 palla al centro.

Giuseppe Landi all’opera
Foto di Francesco Fiumalbi

Decido quindi di mandare avanti Luciano Marrucci. E fra una riflessione su chi abbia scoperto la ruota ed una su chi abbia capito che il fuoco era una cosa importante (non sto scherzando, gli argomenti erano questi!!), parliamo un po’ di Giuseppe Landi e della sua pittura. Egli è l’autore di quei panorami che sono stati pubblicati nella raccolta “Magica Valdegola” (FM Edizioni, 2005) e, ve lo assicuro, col pennello di Landi è magica davvero!
La sua non è propriamente una pittura dal vero. Riesce a cogliere alcuni aspetti (un dettaglio, un’ombra, un colore) che esalta in una maniera straordinaria. Le “macchie” sfumano, si sovrappongono, talvolta fanno anche a cazzotti fra loro. E quello che in dettaglio può sembrare un caos inestricabile, ecco che ad una visione complessiva acquista un senso: quelle che sembravano macchie alla rinfusa ora sono linee, superfici, volumi. Non come una fotografia, molto meglio.
Come dice Landi, Polifemo aveva un occhio solo (riferendosi alla macchina fotografica), mentre noi uomini abbiamo due occhi e possiamo fare molto di più, almeno il doppio! La fotografia fissa un attimo, mentre un quadro ha bisogno di tempo e può raccogliere tutti quegli spunti che si susseguono fra l’inizio e la fine della pittura.

Giuseppe Landi all’opera
Foto di Francesco Fiumalbi

E’ uno spettacolo vedere la velocità e l’abilità con cui Landi mischia i colori sulla tavolozza, ricavandone altri più adatti a quello che vuole rappresentare.
Mi faccio coraggio, ormai il ghiaccio è  rotto. “I colori come fanno a brillare in quel modo?”
Aspetto la risposta dal pittore, invece arriva da Luciano Marrucci: “E’ la “Regola del Pavone”! Le penne colorate del pavone sono bellissime, coloratissime. Se ti avvicini e provi a smuoverle, scopri che le penne che stanno sotto sono nere. E’ il nero di base che le rende così brillanti”. Rimango in silenzio; Landi dà un’ultima pennellata ed esclama: “E’ proprio così!”. In effetti, ci faccio caso solo in quel momento (lo si può vedere nella foto qui sopra), la tavola, nella parte ancora da dipingere, è ricoperta da uno strato di tempera nero.

Giuseppe Landi all’opera
Foto di Francesco Fiumalbi

La conversazione prosegue davanti ad un caffè. Landi lascia tutto apparecchiato in Piazza del Seminario, come se il dipinto dovesse assorbire l’anima del luogo. Quando torniamo, la tavola mi pare ancora più bella. Magica.
Il pittore finisce di dare le ultime pennellate; per ora ha finito, riprenderà il giorno successivo.

Concludo, citando una sua frase riportata nella raccolta “Magica Valdegola” (FM Edizioni, 2005)
Quando dipingo un albero devo proprio pensare che dentro ci può essere un uccellino. Ecco perché i verdi degli alberi sono animati: sono animati perché abitati”.
E allora chissà, se Landi, nella nostra Piazza del Seminario, non si sarà immaginato tutte quelle persone, che nelle varie epoche sono passate di lì: imperatori, papi, vescovi, ma anche i contadini che venivano a San Miniato a vendere i prodotti della terra, i signorotti col panciotto, i seminaristi, le pie donne che salivano verso il Duomo per le funzioni. In effetti ognuno di loro sembra rivivere nelle pietre, nei mattoni, nei colori, così brillanti e pieni di vita, disegnati nella tavola di Giuseppe Landi.

La tavola di Giuseppe Landi
Foto di Francesco Fiumalbi

Landi ha completato il quadro nei giorni seguenti. Il pittore se n’è andato, verso quei lidi a lui molto cari, ma qui a San Miniato ha lasciato qualcosa. La tavola adesso è in vendita da “Pietrone” in Piazza del Seminario. Tutti possono vederla avvicinandosi alla vetrina, ma occhio! Se passa qualcuno e se la compra, non c’è più!

La tavola di Giuseppe Landi in vendita

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