domenica 18 dicembre 2011

IL CROCIFISSO AI CAPPUCCINI

di Francesco Fiumalbi
APSM-ISVP-003
IL CROCIFISSO AI CAPPUCCINI

SCHEDA SINTETICA
Oggetto: Edicola votiva
Luogo: San Miniato, Loc. I Cappuccini, via Calenzano
Tipologia: Edicola
Tipologia immagine: Pittura murale
Soggetto: Gesù Crocifisso
Altri soggetti: No
Autore: Antonio Luigi Gajoni
Epigrafe: No
Indulgenza: No
Periodo: Pittura primi anni '60, edicola più antica fine '700-inizio '800
Riferimenti: Antonio Luigi Gajoni

Id: APSM-ISVP-003

Fondato nel 1609, l’ex convento dei Frati Cappuccini si trova lungo la strada di crinale che dall’antica, e distrutta, porta di Poggighisi conduce alla frazione di Calenzano (1). E’ oggi sede del Centro Studi “I Cappuccini” della Cassa di Risparmio di San Miniato.
La facciata della chiesa e, più in generale, l’antico convento, sono orientati a nord, ovvero verso coloro che, uscendo da San Miniato, percorrono la strada per Castelfiorentino. Si rivolgono quindi non tanto a chi viene, ma soprattutto a chi va. All’ingresso del sagrato della chiesa è situata una grande edicola (150x280 cm circa), inserita all’interno della cinta muraria del convento, contenente una Crocifissione dipinta da Antonio Luigi Gajoni attorno al 1964 (2).
Antonio Luigi Gajoni (Milano, 1889 – San Miniato, 1966) è stato un pittore molto attivo a San Miniato, dove si stabilì a partire dal 1940. Anche se della sua ricca biografica tratteremo in un apposito post, vale la pena ricordare la sua imponente produzione pittorica per la Diocesi di San Miniato (3).

Ex convento dei Padri Cappuccini a San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Come nelle altre sue opere d’arte sacra, anche per questa Crocifissione, Gajoni utilizza un linguaggio espressivo che trova ideale fondamento nella grande tradizione pittorica manierista e barocca, mutuata, però, da soluzioni compositive decisamente moderne. Anche l’utilizzo di colori accessi, forti, contrastanti, dotati, però, di una complessità tutta interiore, con la ricerca di cangiantismi e gradazioni tonali (4) segue la medesima direzione.

Antonio Luigi Gajoni, Crocifissione
Ex convento dei Padri Cappuccini a San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Come possiamo vedere dall’immagine, la figura del Cristo Crocifisso è perfettamente aderente alla tradizione iconografica. Della figura spicca il volto, contratto, sofferente, ma che ha la forza di volgersi verso l’alto, verso Dio, quasi a pronunciare le parole: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” (Gv, 23,34).
Ma la cosa davvero insolita è il sipario, dipinto ai lati della croce. Non si tratta del velo del tempio che si squarciò al momento della morte di Gesù: è un sipario; Gesù è ancora vivo. Interessante è notare anche la posizione della croce: la base sembra posizionata oltre il sipario, mentre la parte superiore è chiaramente davanti. E’ un’illusione.
Il telone è rosso, come quello dei teatri, che apre, ed al tempo stesso chiude, la rappresentazione. Una visione degli ultimi momenti della vita terrena di Gesù, quindi un sipario che si chiude, ma anche il nuovo che porterà la morte e la resurrezione, e quindi è anche un sipario che si apre.
Il tema del sipario non è nuovo nella pittura del primo novecento, basti pensare al Sipario per Parade di Pablo Picasso (1917). Tema che verrà sviluppato fra le due guerra, ma che verrà recuperato alcuni anni più tardi da altri grandi maestri della pittura del ‘900, fra cui De Chirico, con le opere Orfeo trovatore stanco (1970) e Orfeo solitario (1973), e da Savador Dalì con Il sipario della memoria (1983).

Antonio Luigi Gajoni, Crocifissione
Ex convento dei Padri Cappuccini a San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

E’, quindi, una Crocifissione “spettacolare” quella di Gajoni, è uno spettacolo. E’ l’evento al culmine della vita di Cristo, la scena finale del primo atto, quello terreno. Il sipario è ormai pronto a chiudersi, ma anche a riaprirsi con la morte e resurrezione di Gesù.
La figura del Cristo emerge chiara e luminosa rispetto al “cielo oscurato” dello sfondo. Il terreno su cui poggia la croce diventa un palcoscenico. Infatti non è collinare, come vorrebbe la tradizione, bensì piatto.
La composizione è contraddistinta da forti contrasti cromatici: il rosso morbido e denso del sipario, il bianco luminosissimo del perizoma, il giallo composto dell’aureola che, legati da tonalità  più cupe, caratterizzano la fervida attività pittorica di Antonio Luigi Gajoni.

Antonio Luigi Gajoni, Crocifissione
Ex convento dei Padri Cappuccini a San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Anche se, probabilmente, non si era ancora concluso, Gajoni con questa opera dimostra certamente di respirare quella ventata di aria nuova proveniente dal Concilio Vaticano II e che, proprio nei messaggi conclusivi, riserverà agli artisti un posto speciale.



NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Piombanti Giuseppe, Guida della Città di San Miniato al Tedesco, Tipografia Ristori, San Miniato, 1894, in Matteoli Anna (a cura di), Guida storico-artistica di San Miniato, Bollettino dell'Accademia degli Euteleti, n. 44, 1975, pag. 127-129.
(2) Macchi Luca, Immagini sacre per le pubbliche vie di San Miniato e del suo territorio comunale, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 61, 1994, San Miniato, pag. 200.
(3) Per le notizie biografiche su Antonio Luigi Gajoni si rimanda a Fagioli Marco, Antonio Luigi Gajoni pittore. Da Parigi a San Miniato, Aion, Firenze, 2001.
(4) Fagioli Marco, Roberta Roani (a cura di), Anton Luigi Gajoni, artista tra Italia e Francia. Pitture e bozzetti dal 1904 al 1966, Catalogo della Mostra tenutasi a Palazzo Grifoni – San Miniato (Pisa), Bandecchi e Vivaldi, Pontedera, 2002, pag. 79.

9 commenti:

  1. Quest'opera ( sono quasi sicuro che si tratti di una tempra forte ) è a mio giudizio,l'opera più bella donataci da un artista nel secolo scorso. Trovo interessante le tue note di commento. Io vorrei farne altre se tu creassi le condizioni di organizzare in loco un gruppo di ascolto... Ho corso le note bibliografiche; non intendo rimproverarti per il fatto che hai omesso di segnalare quanto ho scritto su un libro dedicato a Perignano, dove al commento sulle sulle pitture della chiesa ho aggiunto dei cenni sulla vita e su l'insegnamento del Gajoni, mio docente
    di arte nel Seminario. In definitiva, lo scritto più ampio e diffuso di A.L. Gajioni è frmato proprio da me. D'accordo,lui meritava molto di più; ma questa volta il tributo gli veniva da uno che aveva avuto con lui un'intensa frequentazione.

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  2. Don Luciano, non finisco mai di imparare! Avevo letto che Gajoni era stato docente in Seminario ma non sapevo che era stato un tuo maestro. Così come ignoro la pubblicazione su Perignano. Per la biografia mi sono basato sulle due monografie di Fagioli e Roani, edite abbastanza recentemente.
    Quando verrò a trovarti, avrò sicuramente il piacere di leggere anche quanto hai scritto tu. Sono molto curioso.

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  3. Molto interessanti le tue osservazioni sul "sipario".
    Gajoni era un pittore con una robusta formazione naturalistica con una inclinazione a rappresentare il vero non escludendo una qualche forma simbolica; più evidente nelle sue composizioni di ricerca che non nell'arte sacra. Non poteva non avvertire la grande innovazione portata dai dipinti della Scuola Metafisica. Non intendo la Metafisica del periodo parigino (1911-15) o di Ferrara (1915-18), dove pure appiono "sipari" che rendono alquanto misteriose quelle composizioni, quanto la Metafisica delle varianti e delle varie interpretazioni apportate dagli appartenenti al gruppo Novecento e quello degli Italiani di Parigi (1926-29). Composizioni nelle quali appare frequentemente il tema del "sipario" o del "palcoscenico", o anche della "apparizione" sempre in senso scenico, in linea con la tua interpretazione alla composizione di Gajoni.
    Un "tendaggio" simile anche se, forse, più teatrale lo troviamo nell' "Autoritratto" di Giorgio de Chirico del 1925, opera che si trova presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Ecco il link per vederlo:
    https://autoritratti.wordpress.com/2009/05/19/giorgio-de-chirico/
    Un dipinto dal robusto impianto figurativo con qualcosa di simbolico....
    Don Luciano Marrucci ha il merito di aver dato, tra i primi, un notevole contributo alla conoscenza dell'arte di Gajoni, sopratutto nella Diocesi di San Miniato.
    Luca Macchi

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  4. Alcuni giorni fa avevo commentato il tuo contributo su Gajoni, ma la mia incapacità di inviarlo perchè ancora non ho capito come si fa per firmarlo mi fece "scappare" quello che avevo scritto. Ci riprovo.
    Io Gajoni l'ho conosciuto perchè sono stato per vario tempo il suo aiutante a tendere i fili quando dipinse il soffitto della chiesa di Pino. Devono essere stati gli anni tra il '55 o giù di lì.A quei giorni mi pare che il Crocifisso l'avesse già pitturato perchè vi era stata una certa discussione sul fatto che al Cristo gli aveva messo la barba.Forse Luciano si ricorderà di questa polemichetta che fu soprattutto clerico-pretesca.E se proprio non mi sono bevuto il cervello mi ricordo che se ne parlava durante il pranzo che Don Arzilli ci somministrava. Se questi ricordi non sono sballati, mi pare difficile che in quel Crocifisso si possa ravvisare l'aria nuova del Cincilio che iniziò all'inizio degli anni '60 dato che Giovanni XXIII mori' nell'estate del 1963.
    Mi scuso se sono stato inopportuno, ma mi piacerebbe fare ordine in questi miei ricordi.
    Ciao
    Beppe

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  5. Sinceramente non capisco il motivo del discutere sulla barba. Ci sono milioni di Crocifissi con la barba e senza. Non credo sia un dogma, potrei sbagliarmi ma credo che un'interpretazione valga l'altra.
    Beppe non voglio dubitare dei tuoi ricordi, ma a me sembra che questo Cristo non ce l'abbia la barba! Ammetto che ad un'occhiata sfuggente possa sembrare, ma guarda fra il labbro superiore e il naso: non ci sono baffi. E anche il mento, seppur mischiato nel gioco dei chiari e scuri dovrebbe essere glabro. Forse l'animata discussione potrebbe riferirsi ad un altro Cristo.
    Se leggi la Lettera agli Artisti, per quanto riguarda la vita di Gajoni e la sua opera artistica e cristiana, potrebbe essere stata scritta anche nel 1945. Credo che questa pittura sia molto raffinata.
    Comunque, la data che ho scritto è quella che si trova indicata nei testi in bibliografia. A volte nei libri si trovano tante bischerate e io in quegli anni non c'ero per cui non posso affermare con certezza l'una o l'altra cosa... sentiamo se Don Luciano si ricorda qualcosa.

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  6. A proposito della data.
    Chiamato in causa da Chelli e da te, Francesco, sul mio parere sulla data in cui è stata realizzata l'opera del Gajoni, rispondo così: tra il 1955 ed il 1965 non saprei proprio come decidere.
    Per lo più, per operazioni di questo genere cerco di correlare le cose con le tappe della mia vita e qui, lo confesso, non mi riesce arrivare ad una definizione precisa.
    Ma perché non interpellare anche il Fagioli, che avrà avuto le sue ragioni per apporre la data del 1964?
    Aggiungo che, a volte, la soluzione sulla cosa è nella cosa stessa. Forse basterebbe munirsi di uno scaleo da imbianchino e ricercare la firma insieme alla quale, solitamente, il Gajoni apponeva la data.
    DonLù

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  7. Purtroppo la parte bassa della pittura è irrimediabilmente danneggiata dall'umidità; la firma e la data, se presenti inizialmente, risultano perdute.

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  8. sfogliando un albo di foto scattate nei primi del 1900 ce n'è una che ritrae il convento dei cappuccini con l'edicola com'è ora in cui è pitturato un crocifisso di grandezza come l'attuale.M'è venuto un dubbio: Gajoni pitturò ex novo o intervenne su quello esistente?
    Grazie

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  9. Bella domanda Beppe!!
    Può darsi facilmente che lui sia intervenuto su un qualcosa che già esisteva! Non sarebbe certo il primo a fare un'operazione del genere!
    Dove hai trovato la foto?

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