domenica 12 giugno 2011

15 MINUTI CON... PAOLO PAOLETTI


di Francesco Fiumalbi




Con questo post continua la rubrica 15 MINUTI CON… una rassegna di conversazioni con persone del mondo dell’arte, delle professioni, della storia e della cultura del territorio sanminiatese. La formula è quella della conversazione-intervista della durata limite di 15 minuti.

Paolo Paoletti, già professore di lingua inglese e tedesca alle Scuole Medie Superiori, è anche uno storico molto attivo, specialmente nella ricostruzione di episodi e vicende legate alla Seconda Guerra Mondiale ed è autore del libro “1944 SAN MINIATO. Tutta la verità sulla strage”. L’argomento è tuttora dibattuto, nonostante il 20 aprile 2002 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale Militare di La Spezia abbia disposto l’archiviazione del procedimento “contro Ignoti Militari tedeschi”, in seguito alla denuncia del “Comando Militare alleato”. Proprio il libro del prof. Paoletti è stato posto agli atti dell’indagine ed ha contribuito al rilascio del Decreto di Archiviazione.
L’argomento è ancora delicato. 55 vittime civili persero la vita a seguito dell’esplosione avvenuta all’interno della Cattedrale di San Miniato la mattina del 22 luglio 1944. Durante tutto il secondo dopoguerra e fino ai giorni nostri, il dibattito è sempre stato molto duro. Dibattito al quale le generazioni più giovani, a cui appartiene anche chi scrive, non hanno assistito, ma a cui sono certamente interessate. Da qui l’occasione maturata, grazie all’amico Giuseppe Chelli, di incontrare il prof. Paoletti che ha acconsentito alla conversazione di cui proponiamo gli esiti.
Questa pagina rimane comunque aperta a chiunque intenda apportare nuovi contributi alla discussione e spunti di riflessione.

Il Duomo di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Prof. Paoletti, che idea si è fatto della storia?
Ha presente certi dipinti collocati in molte delle nostre chiese? La storia è come un dipinto annerito dai fumi delle candele, da anni e anni di fumi. Questi fumi li hanno prodotti gli uomini, coloro che avevano bisogno di mascherare, di annebbiare la verità storica. Soltanto una pulizia accurata può riportare il quadro alla sua chiarezza originaria. Così è avvenuto anche a San Miniato.

La storia, viene scritta dai vincitori…
Certo, è proprio così. E in molti pensano che la storia sia ormai già scritta, che non si possa riscrivere. Questo ragionamento è aberrante. Bisogna prendere atto che, purtroppo, ogni guerra ha i suoi morti civili, ed è sempre stato così.

Come è nato il suo libro sulla drammatica vicenda sanminiatese?
La strage del Duomo di San Miniato è una vicenda che “puzzava” fin dall’inizio. Ho sempre seguito il dibattito, poi quando mi recai a Washington per altre ricerche, trovai nel medesimo archivio anche il materiale su San Miniato e non mi feci sfuggire l’occasione. Raccolsi la documentazione trovata e iniziai a costituire un dossier.

Come furono accolte le sue ricerche a San Miniato?
Parlai con il Sindaco di San Miniato (Alfonso Lippi, n.d.r.) e con l’Assessore alla Cultura Sig.ra Benvenuti. Mostrai loro quanto avevo raccolto, ma si dichiararono non interessati a farne una pubblicazione. Così decisi che avrei fatto da solo e mi rivolsi all’editore Mursia, col quale avevo già lavorato. La presentazione del libro, qui a San Miniato, fu organizzata grazie al supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato, che ne comprò molte copie affinché venisse diffuso.

Per quale ragione l’Amministrazione Comunale di allora non fu interessata al suo lavoro?
Semplicemente perché il mio libro racconta cose scomode. Furono “smarrite” le prove che parlavano di una responsabilità alleata, come la spoletta americana da sempre fatta passare per fumogeno ma che apparteneva ad un proietto esplosivo e che, secondo me, fu fatta semplicemente sparire con la scusa di un trasloco. Ma anche le foto Barzacchi, che furono date in custodia ad un fotografo e poi ricomprate a caro prezzo. Quelle foto erano già di proprietà dell’Amministrazione e guarda caso mancavano proprio le due foto che si sperava di trovare. Anche quelle furono fatte sparire. Hanno praticamente buttato via le prove.

Rimangono comunque le testimonianze di coloro che erano presenti in Duomo.
Le testimonianze sono quelle che aiutano, ma anche quelle che deviano. Furono raccolte in un momento molto difficile ed è normale che possano contenere errori. Successivamente la verità non è stata cercata, anche perché ritengo sia del tutto normale che l’istituzione comunale,  attraverso l’apposita Commissione, abbia difeso le sue posizioni iniziali. E’ del tutto ovvio: chi viene dopo è “figlio” di chi c’era prima. Si è dovuto attendere il diretto interessamento da parte di un privato, il Sig. Chelli, che chiese al Tribunale Militare di La Spezia di chiudere il fascicolo, portando documenti e testimonianze. Fu a lui che il Tribunale ha risposto comunicandogli l’archiviazione del procedimento contro ignoti militari tedeschi. E’ in conseguenza di ciò che è stata ammessa la responsabilità americana ed è stata collocata la seconda lapide “riparatrice” sulla facciata del Municipio.

La seconda epigrafe “riparatrice”
Facciata del Municipio di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Nel suo libro, Lei è molto critico riguardo alla Commissione d’inchiesta italiana.
Si, perché di fatto ha fissato la linea da seguire per coloro che son venuti dopo. La figura chiave è il Sindaco Baglioni. Nato a San Miniato, da madre sanminiatese e padre lucchese, nella Città della Rocca prima del 1944 non c’era quasi mai stato. Era stato in India, in Africa e poi in Italia. Probabilmente era una spia degli Alleati. Giunto a San Miniato, con l’avvicinarsi del fronte, era diventato fin da subito un personaggio di primissimo piano. Divenne Preside dell’Istituto Magistrale, scalzando dalla poltrona il prof. Novi. Durante il passaggio del fronte entrò nel movimento partigiano divenendone ben presto il capo. Per volere degli Alleati divenne il primo sindaco e a settembre, nonostante tutti i problemi del territorio comunale, fece partire la Commissione d’inchiesta. Con lo sfondamento della Linea Gotica, seguì il fronte al nord, lasciando l’incarico al suo vice, Concilio Salvadori, divenuto Sindaco al successivo mandato. Finita la guerra, Baglioni ritornò, riprese la carica di Sindaco, chiuse i lavori della Commissione e sparì. In pratica sistemò le cose a favore degli Alleati, fece il lavoro sporco. La conclusione dell’inchiesta fu fatta fare al Giudice Giannattasio che a San Miniato non è nemmeno mai venuto: come poteva tirare le conclusioni?

Ad un anno dall’uscita del suo libro, è stato pubblicato “La Prova”, FM Edizioni, di Lastraioli e Biscarini. Nel saggio si riporta uno stralcio di un documento americano nel quale si afferma che i partigiani avevano comunicato che “qualcuno” aveva colpito una chiesa uccidendo 30 italiani e ferendone circa un centinaio. I partigiani quindi avevano visto qualcosa?
I partigiani che si trovavano a Scacciapuce e controllavano a vista S.Miniato, furono sicuramente dei coprotagonisti, in qualità di informatori. Dopo l'uscita del libro me lo confermò il parroco di Bucciano, che li introdusse nella 'sala' contro tiro della batteria americana, ospitata nella sua canonica. Cosa abbiano detto loro di preciso non lo potremo mai sapere, ma possiamo affermare che riferirono sulla situazione militare a San Miniato. Per esempio, quando nel diario di guerra americano si scrive che l'obiettivo da colpire erano le mitragliatrici poste sotto la Misericordia, crediamo che i due addetti all'arma appostati sotto gli olivi non siano stati localizzati tanto dalla ricognizione aerea ma da quella a terra, cioè dai partigiani. Gli americani volevano colpire questi nidi di mitragliatrice, poi alzarono il tiro per colpire la rocca e alcuni di questi colpi centrarono il Duomo. Fu una tragica fatalità: probabilmente se avessero voluto colpire la Cattedrale in questo modo non ci sarebbero mai riusciti. La cannonata entrò nel Duomo da una finestra rivolta a sud-ovest, all’interno della Cappella del Santissimo Sacramento, lungo la navata destra ed esplose in prossimità della navata centrale dove fece la strage.
Ancora oggi, in Libia, in Afghanistan, ovunque ci siano dei conflitti militari, ci sono moltissime vittime fra i civili. Quei ragazzi che oggi bombardano questi Paesi, sono i nipoti di coloro che sganciarono le bombe su Milano, su Torino, Genova, Firenze e che cannoneggiarono San Miniato. Usare le bombe è la strategia più efficace: come disse Eisenhower, allora Comandante in capo delle Forze Alleate in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale e poi Presidente degli USA, “per fare un uomo ci vogliono vent’anni, per fare un carro armato solo poche ore”. Si stima che i morti civili per mano tedesca durante l’occupazione dell’Italia siano dell’ordine di 10-15000, mentre quelli caduti sotto le bombe alleate oltre 100.000! Che dire, non bisognerebbe arrivare alla guerra, punto e basta.

Paolo Paoletti

Il suo prossimo lavoro?
Adesso mi sto occupando della strage di Sant’Anna di Stazzema. Ma conto di cominciare presto un libro che racconti le distruzioni e le violenze da parte degli Alleati.

Prof. Paoletti, il tempo a nostra disposizione è scaduto. Grazie per la disponibilità.
E’ stato un piacere.

7 commenti:

  1. Il dibattito sulla matrice del proiettile che il 22 luglio 1944 causò 55 morti ed un centinaio di feriti nella Cattedrale di San Miniato, oggi, a mio giudizio, non ha senso dopo quello che ricercatori, storici, inchieste e sentenza giudiziaria hanno appurato e dimostrato inequivocabilmente.
    Quelli che ancora continuano ad attribuire "il gelido eccidio " ai tedeschi, non accetteranno mai una" diversa verità"ed ogni argomento è e sarà tempo perso: lasciamo costoro crogiolarsi nella" spontanea elaborazione del lutto" e spostiamo il dibattito su argomenti veramente sconcertanti e tragicamente gravi che derivano direttamente dalle documentazioni che i predetti ricercatori hanno trovato al National Archives & Record Service di Washington D.C.
    So benessimo che l'accertamento della responsabilità "in loco sceleris"è stato relativamente facile: è bastato andare a colpo sicuro all'Archives come ha fatto Biscarini; mentre per l'accertamento della responsabilità di chi ha confezionato "la falsa verità" occorre correlare fatti, episodi, situazioni che emergono dai documenti stessi e quindi parimenti di cogente valore probatorio.
    Infatti questa parte della storia nè Paoletti, nè gli altri studiosi l'hanno affrontata di petto, ma solo, diciamo pure, de relato.
    Credo che Paoletti, nell'intervista rilasciata a Francesco e che l'ha proposta al dibattito, abbia esplicitato quello che implicitamente corre tutto lungo il suo lavoro.
    Io la sintetizzo così, prendendo a prestito la riflessione che Biscarini e Lastraioli fanno ne " La Prova":
    " I partigiani e gli americani sapevano la verità.E allora è nel giusto chi sostiene che le risibili inchieste del 1944/1945 furono inquinate dalla malafede, che le ciarle sulla mina mazista prima e sulla granata tedesca poi, nonchè le calunnie sulla supposta complicità del vescovo Giubbi, facevano parte di un preordinato piano di depistaggio interessato a dirottare le responsabilità e a battere la grancassa della propaganga."
    E dove trova, quindi,supporto la riflessione predetta?
    In queste domande
    1a domanda:
    I PARTIGIANI, PER DIRE I COMANDANTI EMILIO BAGLIONI E LORIS LIPIZZA,SAPEVANO O NON SAPEVANO CHE IL CANNONEGGIAMENTO DELLE ORE 10 DEL 22 LUGLIO SU SAN MINIATO ERA STATO FATTO DAGLI ALLEATI?
    2a domanda:
    I PARTIGIANI VIDERO DA DOVE VENIVANO E DOVE CADEVANO LE CANNONATE QUEL MATTINO E A QUELL'ORA?
    3a domanda:
    IL COMPORTAMENTO DI BAGLIONI IN QUALITA' DI PRIMO SINDACO FU INECCEPIBILE?
    Per ora mi fermo qui.
    Giuseppe Chelli

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  2. Alla prima domanda risponde in modo inequivocabile quanto sta scritto sul "Journal" del 337°battaglione americano di artiglieria campale. Al battaglione seppero della sciagura alle ore 22.10 DEL 23 LUGLIO,quando al sottuficiale Johnson pervenne un messaggio dall'osservatore avanzato "Lookout 2", dove alcuni partigiani avevano riferito le prime notizie sulla strage.Ecco cosa dice testualmente il messaggio:
    " Message from lookout 2 : Partisan report that yesterday someone shooting in the vicinity os S.Miniato hit a church and killed 30 Italians and wounded about a 100.Wounded are in hospital at 4699/5998, not be fired upon.Town of S.Miniato is heavily mined and booby-trapped"
    Risulta,quindi,evidente che i partigiani e il comando americano furono subito convinti che la strage era stata addebitata al fuoco dell'artiglieria alleata.Occorreva rimediare al misfatto altrimenti i "liberatori" americani si sarebbero presentati quali responsabili dell'uccisione di 55 persone. A questo provvide il Baglioni, fatto Sindaco dagli americani, mettendo in scena quella inchiesta che si concluse con la relazione Giannatasio che attribuiva ai tedeschi la cannonata dirompente e micidiale di cui non fu mai trovata la spoletta,mentre agli americani fu attribuita la cannonata funogena( entrata in Duomo nello stesso tempo di quella tedesca) non dirompente e quindi non micidiale di cui invece fu ritrovata la spoletta ( e poi fatta sparire) M48 dirompente da 105 millimetri.
    Una risposta alla volta.
    Giuseppe Chelli

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  3. Alla domanda: videro i partigiani direttamente il cannoneggiamento del 22 luglio, oppure lo seppero da altri? Anche questa volta la risposta inequivocabile viene da documenti inequivocabili: IL DIARIO DI GUERRA DELL'88à DIVISIONE DELLA V ARMATA.Prima di passare a vedere cosa dice il diario dobbiamo fare una premessa per chi non conosce bene i dintorni di San Miniato e specificatamente i toponimi.
    Di rimpetto alla collina, lato est, su cui sorge San Miniato c'è un poggetto che in linea d'aria dista qualche centinaio di metri detto SCACCIAPUCE. Lì esisteva ( ed estiste anch'oggi) una casetta colonica, oggi di proprietà della Famiglia Teddei, allora dei Viacava.Dalla casetta si vede senza ostacoli alcuno tutta la fiancata destra del Duomo con le costruzioni di San Miniato, sempre lato est.
    In quella casetta il 22 luglio 1944 c'era alloggiato il comando dei partigiani.
    Sentiamo cosa dice il diario, testualmente:" 1810 Hrs- 337th F.A.: Cur arty not to fire at house 468591,(Scacciapuce),which is our Partisian's headquarters"Quindi il 337°,responsabile del cannoneggiamento, fin dalle ore 18.10 del 21 luglio era stato avvertito di non fare fuoco su quel fabbricato.Addirittura si segnala anche che la casa dotata di tre finestre di cui due coperte con tende, avrebbe potuto essere colpita SOLO se fosse comparso un terzo telo, perchè avrebbe significato che l'edificio era caduto in mano tedesca:"If all three are covered with sheets it means the krauts have taken over and we can knock the house down"
    Che dire? Scacciapuce era un osservatorio privilegiato su San Miniato che i partigiani avevano sotto gli occhi la mattina del 22 luglio quando la batteria Abel del 337° sparò 98 proiettili tra le ore 10,15 e le ore 10.30 sulle coordinate 46.48 / 59.50 cioè l'area compresa tra il duomo, il SS Crocifisso e Via Mangiadori, detta discesa di Santo Stefano.
    Di fronte a prove così schiaccianti relative alla conoscenza esatta, da parte dei partigiani, di come era avvenuto l'eccidio del duomo perchè fu imbastita la menzogna della strage tedesca,mantenuta negli anni e gravata da corresponsabilità da parte del Vescovo Ugo Giubbi? La bufala della doppia cannonata caduta in duomo: una tedesca,dirompente; l'altra americana fumogena e basta in fine dei conti convalida che il canonneggiamento fu solo americano.Assicurano gli esperti che era uso "segnare" l'area da colpire da proiettili fumogeni di colore. Infatti anche quella mattina gli americani lanciarono ai lati dell'area che comprendeva il duomo granate fumogene.Una di queste fu trovata dal Sig. Campani. muratore di S.Angelo a Montorzo, quando fu chiamato a riparare il tetto del SS.Crocifisso. Detto proiettile fu incastonato nella facciata della sua casa e rimosso solo verso il 2001 per essere sottoposto a perizia militare. Infatti fu classificato proiettile fumogeno.Logico quindi se quell'area era stata segnata doveva essere colpita da chi l'aveva delimitata cioè il 337° americano perchè il proiettile fumogeno era americano!
    Ora non rimane che vedere quale fu l'operato del capo politico dei partigiani, cioè Baglioni.
    Di questo lasciamo che se ne occupi Paoletti.
    Giuseppe Chelli

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  4. """ ECCO IL MIO ANONIMO PENSIERO:
    Il comportamento del sindaco Baglioni fu ineccepibile ?
    Nel 1943 nei Comuni siciliani gli Americani avevano insediato mafiosi o amici dei mafiosi, comunque persone di cui si potevano fidare.Ogni fetta di territorio liberato sottostava al Governo Militare Alleato. Baglioni era uomo di fiducia dei vincitori e siccome gli Americani sapevano di aver causato quel "danno collaterale" in Duomo, misero in Comune un loro uomo di paglia.
    Il rapporto americano era il loro secondo passo per mettere a tacere la questione. Quel rapporto, così maldestro, era un tentativo di mettere le mani avanti. Insomma Baglioni fece quello che gli aveva ordinato il padrone americano. Ma fu onesto ad andarsene una volta svolto il suo compito.
    Secondo me i sindaci più sindacabili ( eufemismo per antidemocratici ) sono stati quelli messi dal partito comunista nel dopoguerra, che hanno voluto sigillare il vaso di Pandora sapendo che i predecessori avevano fatto carte false per nascondere la verità. Hanno ritenuto che il loro compito fosse quello di coprire le malefatte pregresse. Ecco quell'arrogante lapide del 1954 ( da guerra fredda ); la sparizione dei reperti; le foto perdute e ricomprate; la pubblicazione di ogni volume in linea con la vulgata.
    Se in tutti questi decenni ci fosse stato un Sindaco indipendente e capace di buon senso non si sarebbero coperti di ridicolo con la seconda lapide ( credo un unicum in Italia )
    Insomma il Baglioni si può capire, sono gli altri al di sotto della decenza.Come è dimostrato dalla polemica sul faro"fascista"."""
    mail trascritta da Giuseppe Chelli

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  5. alla fine degli anni 60 quando facevo le scuole medie un insegnante ci portò in duomo per spiegarci l'orrore della barbarie tedesca. Mi ricordo ancora che quando eravamo li arrivò un sacerdote che tutti chiamavano " seccavigne" ora credo deceduto , ma di cui non ricordo il nome che disse che la strage era stata fatta da un proiettile entrato da li ed indicò una finestra in alto e proseguì: da quella parte ci stavano gli americani. La conclusione del professore dopo che lui si fu allontanato fu più o meno che non dovevamo credergli perchè lui doveva difendere il suo vescovo. Non ho difficoltà ad ammettere che quelle lezioni che ci hanno impartito da piccoli ci hanno convinto che quella strage sia stata fatta dai tedeschi " cattivi". Idea rafforrzata anche dal film "la notte di san lorenzo". E anche se difficile da ammettere forse per un senso di giustizia la prima lapide debba oggi essere rimossa.

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  6. gli americani erano stati informati che nella casa di scacciapuce c'erano i partigiani e che non dovevano sparare li. Ma 3 colpi di artiglieria ci arrivarono in prossimità , non si sa se perchè avevano capito di sparare li o perchè ci fu un errore di puntamento

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