mercoledì 9 giugno 2010

UN SANMINIATESE A LONDRA

di Francesco Fiumalbi

Passeggiando per l’affollata Cromwell Road, a South Kensington, lo sguardo viene attratto da un grande edificio in stile vittoriano. L’eclettismo architettonico, col quale si presenta, colpisce inevitabilmente l’attenzione del passante italiano. Paraste, che sostengono una sproporzionata trabeazione, sono interrotte da preziosi bassorilievi, disposti a comporre un portale gotico dalle sembianze romaniche, il tutto sormontato da una cuspide ottagonale dal sapore mediorientale. Verrebbe da dire: un “pastrocchio”! Si tratta del Victoria and Albert Museum. L’edificio è in realtà uno straordinario campionario di architettura narrativa. Comunica la forza dell’Impero, la sua potenza, la sua capacità di governare su gran parte del globo, al cui centro vi è Londra, la sede dei regnanti, un microcosmo permeabile dove sintetizzare, con mai sazia retorica, il primato inglese sul mondo. In un ambiente così totalizzante, entrando nella Sezione “Medieval and Renaissance”, nella stanza 64a, ci si imbatte in una scultura marmorea, un busto, quantomeno enigmatica. Senza dubbio un’opera estremamente pregevole, che denota la grande maestria dell’autore. Da una mantella, si erge la testa di un vecchio, quasi calvo, con occhi molto incavati, ma che, pare, accenni una specie di sorrisetto come chi la sa lunga. Il realismo è impressionante: la mente corre alla ricerca di parole che possano descrivere quanto appare agli occhi. “Non sorride per grata, amabile disposizione dell'animo, né per orgogliosa compassione: ma per malizia, e dirò, anzi, per spregio” recitava Curzio Malaparte in Maledetti Toscani.
Posando l’attenzione sulla targa vi si legge “Giovanni di Antonio Chellini di San Miniato”, opera di Antonio Rossellino, fratello del più celebre Bernardo. Un sanminiatese a Londra? Chi è questo signore?

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Immagine numero 1

Giovanni Chellini, figlio di Antonio, conosciuto anche come Giovanni Sanminiati, nacque a San Miniato nel 1373(1), in una famiglia abbastanza importante “Vengono da San Miniato al Tedesco, e si son chiamati anticamente Chellini. Hanno avuto due Priori, due Senatori, un Prelato; ed hanno provato il Quarto a Malta, ed a San Stefano. Ne la casa del Senatore Ascanio, ed Figliuoli dal Canto al Mandragone”(2). Di Giovanni Chellini si ha notizia a Firenze, nel 1401, quando è eletto docente di Logica e Filosofia all’Università di Firenze, incarico poi confermato l’anno successivo, dietro compenso di 50 fiorini. In seguito assunse cariche prestigiose all’interno dell’Ateneo Fiorentino, fino a ricoprire il ruolo di vice-rettore(3). Sposato con una donna di nome Nanna (morta a San Miniato a seguito della peste del 1437), Giovanni Chellini era anche mercante, elargiva prestiti, come documentato nel suo “Libro di Debitori, e Creditori”. Da tutte queste attività aveva ricavato importanti somme di denaro che aveva reinvestito in possedimenti a Firenze (abitazioni e botteghe) e a San Miniato (terreni). Di questo abbiamo notizia in numerose memorie che M. Teresa Sillano ha curato in “Le Ricordanze di Giovanni Chellini da San Miniato, medico, mercante e umanista (1425-1457)", Milano, 1984. Si tratta di testi non redatti per i posteri, ma per se stesso e narrano svariati episodi “obbedienti solo alla sensibilità di chi era protagonista di una routine intessuta di lavoro e di ménage familiare” (M. T. Sillano).
All’interno delle Rimembranze colpisce il legame che il Chellini ebbe con Donatello. Il celebre scultore, tornato a Firenze dal suo soggiorno a Padova nel 1453, ebbe bisogno di cure che gli furono prestate dal Chellini in data 27 agosto 1456. Per riconoscenza all’aiuto ricevuto, Donatello donò al medico un “un tondo grande come un tagliere, sul quale era scolpita la Vergine Maria con il Bambino al suo collo, e due angeli ai lati, tutte di bronzo, e in esterno lato è stato scavato in modo che il vetro fuso può essere riversato su di esso, e sarebbe rendere le figure stesse dall'altra parte", conosciuto come “Madonna Chellini” e conservato anch’esso al Victoria and Albert Museum di Londra (4).
Essendo molto anziano, Giovanni Chellini aveva da tempo pensato ad una collocazione per la propria sepoltura. Nel giugno del 1455 aveva provveduto a costruire in prossimità del lato destro del transetto della Chiesa dei Santi Jacopo e Lucia, meglio nota come Chiesa di San Domenico, una cappella dedicata ai Santi Cosma e Damiano, protettori dei Medici. Per far ciò aveva “dotato” la cappella di alcuni terreni situati presso Ribaldinga, Fontevivo, Reggiana e Nocicchio, affinché si provvedesse a quanto necessario (5). Tuttavia, al momento della sua morte, avvenuta nel 1461, il sepolcro non doveva essere ancora pronto perché il corpo fu tumulato provvisoriamente nella chiesa fiorentina di San Michele Visdomini e poi portato a San Miniato dal nipote Bartolomeo come lascia intendere l’epigrafe del sepolcro “IOHANNI CHELLINO FLORENTINO CIVI PRECLARO*ARTIVM/ MEDICINEQVEE XIMIO DOCTORI*SEPVLCHRVM HOC / BARTHOLOMEVS NEPOS ET GRATVS HERES*CONSTRV / ENDVM CVRAVIT*VIXIT AVTEM HONORE DIGNVS ANIS / FERE NONAGINTA*OBIIT DIE IIII° FEBRVARII MCCCCLX”.

Foto scattata da Rita Costagli e pubblicata in "Rita Costagli alias ritrilly, Vivere San Miniato sulle ali dell'anima"
http://ritrilly-vivereasanminiato.blogspot.com/2010/02/un-samminiatese-piu-noto-oxford-che-in.html

Si tralascia il discorso sulla Cappella dei Santi Cosma e Damiano di cui si parlerà approfonditamente in un altro articolo.

Il Chellini rimase molto entusiasta dell’opera ricevuta da Donatello e gli commissionò una maschera al fine di trarne un busto che avrebbe fatto da “campione” per il suo sepolcro. All’epoca era frequente produrre maschere di questo tipo, anche dopo la morte (prendono il nome di “maschere funebri”) per costituire busti-ritratto in bronzo. Donatello effettuò la commissione, poi l’incarico di realizzare il busto fu affidato ad Antonio Rossellino, fratello del più celebre Bernardo. La scultura fu realizzata in marmo e rappresenta uno dei primi raffinatissimi busti-ritratto rinascimentali nonché il primo lavoro noto eseguito da Antonio Rossellino. Quest’ultimo ricevette grande notorietà da questo lavoro, tanto da acquisire in seguito importanti commissioni come la Tomba del Cardinale del Portogallo nella chiesa fiorentina di San Miniato al Monte.
La scultura presenta una cavità sottostante in cui si legge “MAGisteR IOHANES MAGistRI . ANTONII DE SancTO MINIATE DOCTOR ARTIVM ET MEDICINE . MCCCCLVI.” Poco più in basso “OPUS ANTONII”. Questa epigrafe pare sia stata un aggiunta successiva, risalente all’anno della morte di Giovanni Chellini, anche se non è da escludere del tutto che sia coeva con la realizzazione del busto. Infatti una simile iscrizione si legge anche in un’altra opera, tra l’altro molto simile a questa, del Rossellino, il Busto-ritratto di Matteo Palmieri del 1468, conservato al Museo Nazionale del Bargello a Firenze.

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Immagine numero 3

Il busto di Giovanni Chellini rimase di proprietà della famiglia Sanminiati-Chellini (6), i cui possedimenti passarono ai Pazzi a seguito del matrimonio, nel 1751, di Cosimo Pazzi con Maria Camilla Sanminiati, figlia del Senatore Ascanio Sanminiati. Il busto entrò a far parte della collezione Pazzi e trovò posto all’interno dello storico palazzo della famiglia in Borgo Albizzi. Nel 1860, a seguito di una divisione all’interno della famiglia Pazzi, il busto venne venduto a John Charles Robinson per formare la collezione di scultura del nascente Victoria and Albert Museum di Londra, dove tuttora è collocato (7).

Il busto fu in un primo momento attribuito a Donatello, sia per il rapporto fra lo scultore e Giovanni Chellini, sia perché nel 1841 venne citato in Palazzo Pazzi come opera di Donatello (8). Questa attribuzione è erronea. Oggi è riconosciuto da tutti come un manufatto di Antonio Rossellino per diversi motivi. Il busto è molto vicino al ritratto scultoreo che Neri Capponi fece realizzare dalla bottega di Bernardo Rossellino, nel 1457, per il proprio sepolcro presso la chiesa di Santo Spirito. Neri Capponi, commissario dello stato di Firenze, è una figura di primissimo piano nel panorama fiorentino della prima metà del ‘400 e aveva intessuto legami anche con Giovanni Chellini, del quale parla nelle sue Rimembranze. Il marmo utilizzato, dal caratteristico colore brunastro, è il medesimo che Antonio Rossellino utilizzò per scolpire il San Sebastiano, oggi conservato al Museo della Collegiata di Empoli. Infine l’iscrizione nella parte incava del busto.

Il genere dei busti-ritratto assume un ruolo centrale all’interno della produzione artistica del Quattrocento fiorentino. Lo storico Schuyler vede in Mino da Fiesole il precursore di questo campo. Tuttavia questa tesi viene rigettata a favore del celebre Donatello. A differenza degli archetipi classici, che Donatello avrebbe avuto modo di ammirare durante il suo soggiorno romano, i busti rinascimentali hanno una componente psicologica diversa. Come nota Pope-Hennessy (9), Donatello mostra la capacità di trasformare un modello astratto in un personaggio complesso, attraverso l’uso creativo dell’osservazione della natura umana, piuttosto che della corretta fisionomia. Secondo Irving Lavin l’allusione intenzionale del busto-ritratto è da riferirsi al concetto di Totus Homo, vale a dire l’individuo in sé, con le proprie peculiarità fisiche, completo del carattere.
Lightbown, riferendosi al Busto di Giovanni Chellini, afferma che la conoscenza del motivo per il quale un uomo sia arrivato a commissionare un busto di se stesso ci aiuterà a definire l’ambito d’azione dell’Umanesimo Fiorentino (10).
Il busto di Giovanni Chellini si mostra come una scultura estremamente semplice nella composizione, ma altrettanto complessa nel suo significato. A livello stilistico non si confà a modelli classici, ma denota una forte componente espressionista. L’immagine tridimensionale del soggetto pare catturata, rubata. Fissa un’immagine istantanea, quasi fosse una fotografia. Non vi sono componenti idealizzate, il soggetto appare nella sua effettiva natura fisica. Manca di simmetria e presenta un’espressione fra il risoluto e il divertito. Ci comunica di un uomo colto, raffinato, ma anche estremamente riservato. Egli non partecipò alla vita politica e mantenne forti legami con la propria città d’origine dove volle essere tumulato. La più importante è forse la componente autocelebrativa, senza pretese retoriche. Un ritratto di se stesso, commissionato al termine della propria vita, quasi a volersi vedere, estraniato dal proprio corpo, per potersi giudicare. Le Rimembranze non gli bastano, non sono abbastanza. Utilizza quanto la natura mette a disposizione, la pietra, facendola diventare interprete della riflessione personale,di un modo per sintetizzare la propria esistenza.



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Vale la pena di concludere con le parole di Bernard Berenson: “La Rinascenza portò l’emancipazione dell’individuo, col persuaderlo che l’universo era stato creato per servire alla sua felicità. (…) In ciò il nostro massimo debito alla Rinascenza: nell’aver fissato a criterio d’ogni azione il vantaggio umano. La Rinascenza non sviluppò questa idea a risultati pratici; ma il nostro debito è infinito, per gli effetti che la stessa idea doveva produrre al nostro tempo” (11).

NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(1) "Giovanni Chellini, medico di S. Miniato" Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, n. 9, 1927, pagg. 106-17.
(2) G. M. Mecatti “Storia genealogica della nobiltà, e cittadinanza di Firenze”, Naples, 1754, P-95
(3) A. Gherardi “Statuti della Universita e Studio Fiorentino”, Firenze, 1881, pp.375-6, No.CXIII:
30 Novembris1400 ... Elegerunt. .. magistrum Joannem magistri Antonii, cum salario forenorum 50'; pp.375-7, No.CXIII: 'Die 26 Septembris 1402 [elegerunt] ... magistrum loannem magistri Antonii de Sancti Miniate, ad legendum Loicam et Filosofiam, cum salario florenorum 5o'; p.18 1, No.LXXXIII: '1403, Aprile 2. Dominus Rector et Consiliarii Studii florentini, absentibus tamen magistro Johanne de Sancto Miniate et domino Johanne de Perusio, imposueruntom nibus et singulis doctoribus, qui ad presens legunt in hoc Studio, denarios sex pro floreno de denariis quos recipere debent a Camera Communis Florentie, et omnibus scolaribus cuiuscumque facultatis soldos undecim florenorum parvorum pro quolibet, pro colletta Sancti Zenobii'; pp. 181-2, No. LXXXV:'1403, Settembre15 . Magister Johannes... de Sancto Miniate, vicerector dicti Studii [i.e. Florentini]”.
(4) Si veda la scheda presso il Sito del Museo:
http://collections.vam.ac.uk/item/O70184/roundel-the-virgin-and-child-with/
(5) Bibl. Comunale di San Miniato, Manoscritto U. 2, Priore Fra Gerolamo Rosati, "Cronache del convento di S. Jacopo di S. Miniato," 1595, i, foglio. 39v f. Anno 1456
(6) L’opera è citata da Bocchi e Cinelli nella collezione di Ascanio Sanminiati in “Le bellezze della Città di Firenze”, 1677
(7) Si veda la scheda presso il Sito del Museo:
http://collections.vam.ac.uk/item/O16256/bust-giovanni-di-antonio-chellini-da/
Si veda il testo “Inventory of the Objects in the Art Division of the Museum at South Kensington, Arranged According to the Dates of their Acquisition. Vol I.” London: Printed by George E. Eyre and William Spottiswoode for H.M.S.O., 1868, pag. 4: Bust. Marble. Portrait of Giovanni di San Miniato, italian (florentine) by Antonio Rossellino, Signed and dated 1456. N. di catalogo 7671/’61.
(8) C. Ridolfi, “Notizie e guida di Firenze e de' suoi contorni”, Florence [1841], p.447.
(9) J. Pope-Hennessy “Renaissance Sculpture”, London, 1958, revd., 1971; “The Portrait in the Renaissance”, Washington, D.C., 1963
(10) R. W. Lightbown, “Giovanni Chellini, Donatello e Antonio Rossellino” in The Burlington Magazine, Vol. 104, No. 708 (Mar., 1962), pp. 100+102-104
(11) Bernard Berenson, “I pittori italiani del Rinascimento”, ed. Bur Laterza, pag 42.

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